Prima di cominciare la recensione, è indispensabile una premessa seguita da una doverosa spiegazione.
Se si parla con un fiorentino, qualsiasi esso sia, dirà che non si può andare a Firenze senza assaggiare il Lampredotto. E' una cosa che BISOGNA fare, come andare sul Ponte Vecchio o in Piazza della Signoria. O come passare dagli Uffizi.
Certo non è cosa semplice, per chi non è amante del genere.
E qui parte la spiegazione, che consiglio di saltare ai deboli di stomaco...
Il lampredotto è un tipo di trippa.
Tecnicamente, il termine trippa identifica alcune parti dell'apparato digerente del bovino, tra cui l'esofago, tre prestomaci (rumine, reticolo, omaso) e un vero e proprio stomaco ghiandolare, l'abomaso.
La trippa comune è una parte del rumine: si presenta bianca e liscia, dal sapore poco aggressivo e la consistenza compatta.
Il lampredotto è lo stomaco abomaso: comprende una parte magra, chiamata gala, caratterizzata da creste violacee, la parte più saporita, ed una parte chiamata spannocchia, un po' più grassa, dal colore più tenue e dal sapore leggermente più tondo.
Di colore scuro, prende il nome dalla lampreda, un'anguilla primordiale una volta abbondantissima in Arno di cui ha la forma.
A Firenze il lampredotto è una vera e propria istituzione, perché piatto povero della più radicata tradizione toscana, e lo si può trovare specialmente nei banchini dei "trippai", sparsi per il centro della città.
La sua morte è nella semelle, un panino che si può tranquillamente identificare nella nostra rosetta: tagliato a metà, bagnato con il sugo, riempito di lampredotto e condito, a seconda dei gusti, con la salsa verde, sale pepe e olio piccante.
Detto questo, è comprensibile pensare che non sia un piatto per i più.
Sicuramente particolare, certamente impegnativo, bisogna avvicinarsi con un certo coraggio ad un sapore del genere, a patto che ovviamente non si sia amanti di trippe e affini.
Io non lo sono.
Ho sempre evitato la trippa come la peste.
Fino a quando, trovandomi ospite in una cantina vicino a Siena, me la sono trovata nel piatto, preparata appositamente da uno chef per l'occasione.
A quel punto, almeno come gesto di cortesia, l'ho assaggiata e...sorpresa. A casa mia è sempre stata fatta bianca, senza altri ingredienti. Questa invece era rossa, con il pomodoro e un po' di peperoncino. In più con l'olio nuovo ed una abbondante spolverata di pepe, beh, non era così malvagia. Certo, non ne faccio la voglia, ma quando mi capita di essere in Toscana, non la scarto più a priori.
Siccome sono anche dell'idea che prima di dire che una cosa non sia buona bisogna assaggiarla, approfitto di una ghiotta occasione come un bellissimo sabato in centro a Firenze, baciati dal sole e da 17,5 gradi incredibili, per fare il grande passo, mai fatto nelle altre tante occasioni che mi hanno portato nel capoluogo toscano.
Telefonata di rito a un caro amico della zona per farmi consigliare almeno dove andare: vista l'impresa epocale, vogliamo almeno essere sicuri di andare in un buon posto.
La scelta cade su questa piacevole osteria, a due passi da Ponte Vecchio, dove si può mangiare un buon lampredotto anche a sedere, oltre ad altri piatti della tradizione toscana.
Arriviamo intorno alle 13.30. Il locale, piccolo, è completamente pieno. Nonostante questo, il titolare ci riserva un tavolo, dicendoci di approfittarne per fare altri due passi in modo da far passare una mezz'ora per liberare qualche posto.
Detto fatto.
Un giro per Palazzo Pitti, a pochi metri in linea d'aria, ed eccoci puntuali come un orologio svizzero alle 14 davanti alla tripperia.
Come promesso, un tavolo si è appena liberato e veniamo fatti accomodare.
Il locale è di quelli che piacciono a noi: accogliente, caldo, con tanto legno, volte in pietra, come se fosse una vecchia cantina, bottiglie quasi esclusivamente toscane un po' ovunque.
I tavoli sono sufficientemente spaziosi, in legno scuro. Solita carta paglia gialla come tovaglia e bei calici.
Il menù è semplice e tipico: antipasti di salumi selezionati e fegatini, sformato di porri, lonzino, primi piatti con ragù bianco, o di caccia o al cavolo nero, poi piatti unici con le trippe, centopelle e lui, il lampredotto, appunto.
Interessante notare la possibilità di avere paste di grani speciali specifiche per celiaci ed intolleranti in genere.
Vogliamo fare una pausa veloce per rimetterci in marcia nel giro di poco tempo, quindi scegliamo un solo piatto a testa. Da bere, acqua naturale e un quarto di vino della casa, un discreto sangiovese.
Per Laura, viste le sue intolleranze, la scelta ricade proprio su una pasta, nella fattispecie un fusillo, al pesto di cavolo nero, che viene appositamente fatto con pochissima panna.
Io decido di gettare il cuore oltre l'ostacolo e scelgo il lampredotto bollito.
Durante l'attesa, ci facciamo tentare da un buon pane toscano portato al tavolo, tipicamente insipido ma ottimo con l'olio dop.
Arrivano i piatti.
Bella la presentazione della pasta. Decisamente buona.
Sua maestà il lampredotto: servito in un coccio di terracotta, tagliato a strisce, immerso nel suo brodo. A parte, mi viene portato tutto l'occorrente ad hoc: sale, pepe, salsa verde ed olio piccante.
Rimango qualche interminabile secondo a guardare questo oracolo della gastronomia fiorentina, prima di avvicinare la forchetta al piatto.
Innanzitutto l'odore: a dire il vero, buono. Tipico del bollito, non forte.
La consistenza è decisamente gommosa, come è lecito aspettarsi.
Al gusto, devo dire niente male.
Lo assaggio prima "liscio", poi con la salsa verde e con l'olio piccante.
Ricorda molto il grasso del lesso bollito, ed è molto meno peggio di come ci si può immaginare.
Anzi, devo dire che è buono, anche se non è il mio piatto sicuramente. Certo non è leggero, ma si lascia mangiare, e finire.
Buona la salsa verde.
Sono soddisfatto: l'ho provato e sono sopravvissuto.
Probabilmente il "vero spirito" è quello del banchetto, mangiandoselo per strada. Magari un giorno tenterò, ma per adesso sono a posto.
Torniamo felici in giro per la città, dopo aver pagato 25 euro di tutto.
Un buon posto, quindi, consigliato per una piacevole pausa pranzo, con piatti tipici e ben fatti: visti i prezzi, da tener presente cercando di evitare i veri ristoranti "spennaturisti" nelle vicinanze.
Consigliato!
[MustaEnkeli]
05/12/2011