Dal crinale della collina, da dove lo sguardo fatica a racchiudere la distesa della Valpolicella verso est, e dove è situata la casa colonica della cantina, vedo, e ci rimango per un po' a guardarla prima di entrare, una luna sbiadita che sale piano nel tardo pomeriggio.
Mi ero ripromesso di farlo, prima o poi, e ci vado.
“La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse.
E' un'ombra biancastra che affiora dall'azzurro intenso del cielo, carico di luce solare; chi ci assicura che ce la farà anche stavolta a prendere forma e lucentezza? E' così fragile e pallida e sottile; solo da una parte comincia ad acquistare un contorno netto come un arco di falce, e il resto è ancora tutto imbevuto di celeste. E' come un'ostia trasparente, o una pastiglia mezzo dissolta; solo che qui il cerchio bianco non si sta disfacendo ma condensando, aggregandosi a spese delle macchie e ombre grigiazzurre che non si capisce se appartengano alla geografia lunare o siano sbavature del cielo che an¬cora intridono il satellite poroso come una spugna...”
Ci conosciamo. Comincio con un goccio di Classico più che altro per curiosità. Fa 12 gradi e, curiosità per curiosità, mi vien detto che è realizzato anche con l'uva oselèta (detta anche oselìna o salvàdega, perché la base è un cespuglio selvatico), un vitigno autoctono che era quasi sparito dalla Valpolicella, ma è stato recuperato dal Carlo, il titolare dell'Azienda Agricola Monte Dall'Ora, e riscoperto anche da qualche altra cantina. Si fa sentire, compatta, di fondo, l'amarena, come un sentore di ciliegia molto matura, ma è anche leggermente asprigno, forse è proprio l'oselèta a renderlo così... Buono comunque, rosso pimpante... stacca... anche se la sua consistenza è quello che è, cioè quella di un vino da pasto...
“... In questa fase il cielo è ancora qualcosa di molto compatto e concreto e non si può essere sicuri se è dalla sua superficie tesa e ininterrotta che si sta staccando quella forma rotonda e biancheggiante, d'una consistenza appena più solida delle nuvole, o se al contrario si tratta d'una corrosione del tessuto del fondo, una smagliatura della cupola, una breccia che s'apre sul nulla retrostante...”
Parlo, parliamo, ma l'occhio è attirato dalla finestra.
Discutiamo del biologico, assaggiando il Superiore, ovviamente più strutturato, della vendemmia 2006 anche se adesso è il momento del 2008 (“siamo una cantina familiare, quello che resta, resta... ce lo beviamo noi pian piano...”), me lo gusto... ha sapore leggermente speziato e d'erba, è stato in legno per circa una anno, si sente ma non troppo, come piace a me. Ottimo, non capisco come abbia potuto restare da vendere. Quando sbatto la lingua sul palato, alzo gli occhi e guardo fuori per ascoltare il sapore. Sta òstrega di luna mi fa l'occhiolino dietro i vetri.
Mio figlio mi ha regalato un Palomar per Natale. Qualche passo lo propongo alla condivisione di chi ama la sfumatura della descrizione, l'emozione profonda e sottile, la magia quasi, diversità e similitudine come in tanti altri giorni, sfuggiti alla percezione magari, come in tanti altri vini.
Il biologico è una cultura e il buon Carlo mi assomiglia non solo nel nome, ma anche in questa predilezione. L'ha fatta sua: solo rame e zolfo nei vigneti, dopo avere usato trappole al ferormone ed aver controllato l'umidità per non eccedere in trattamenti.
E poi, la biodinamica: un corno di vacca pieno di letame e con un po' di silicio, racchiuso in una stagnola, sotterrato per alcuni mesi e poi diluito nell'acqua per distribuirlo a terra in un calendario che segue le fasi della luna.
Grano seminato tra un filare e l'altro, per non impoverire la terra con la monocultura.
Cornosilice, a base di quarzo macinato e anche di magnesio, spruzzato sulle foglie per stimolarne la fruttificazione e i processi legati alla fotosintesi e alla luce, sempre secondo un calendario che si basa sulla posizione degli astri. Un rito che potrebbe apparire ancora magico, non fosse che studi a lungo termine e sperimentazioni portate a conclusione abbiano già assodato gradi Brix più alti per le uve trattate biodinamicamente, numeri maggiori di fenoli e antociani.
Ri-usciamo fuori un attimo a guardare i vigneti sottostanti...
“... Bisogna dire che l'azzurro del cielo ha virato successivamente verso il pervinca, verso il viola (i raggi del sole sono diventati rossi), poi verso il cenerognolo e il bigio, e ogni volta il biancore della luna ha ricevuto una spinta a venir fuori più deciso, e al suo interno la parte più luminosa ha guadagnato estensione fino a coprire tutto il disco… In mezzo al cerchio le macchie ci sono sempre, anzi i loro chiaroscuri si fanno più contrastati per rapporto alla luminosità del resto, ma ora non c'è dubbio che è la luna che se li porta addosso come lividi o ecchimosi, e non si può più crederli trasparenze del fondale celeste, strappi nel manto d'un fantasma di luna senza corpo...”
Deciso allora: è il momento dell'Amarone.
Non ci sono tanti vini diversi da scegliere, si rimane nell'ambito della tradizione.
Di un rosso tendente al granata, come tutti gli amaroni, per l'invecchiamento e il legno, fa 15,5 °. Al naso ha un forte sapore di spezie, parecchio più accentuato del Superiore, ma rimane morbido nel complesso. Vigne che crescono sotto questa luna, proprio su questa collina di Castelrotto. Splendido, anche questo Amarone, uno dei migliori che io abbia bevuto.
Non provo “el Stropa”, Amaro potentissimo da 16°, che costa più dell'altro, ha più affinamento... sono incerto, son forse troppi secondo me 16 gradi... viene da una vigna maritata con alberi di gelso, che la sostengono e la tengono legata a sé con il pollone del salice (in dialetto “stropa”), ma occorre del tempo, dopo la stappatura, per apprezzarne il valore. Allora non provo neanche a fargliela aprire.
“... Piuttosto, ciò che ancora resta incerto è se questo guadagnare in evidenza e (diciamolo) splendore sia dovuto al lento arretrare del cielo che più s'allontana più sprofonda nell'oscurità, o se invece è la luna che sta venendo avanti raccogliendo la luce prima dispersa intorno e privandone il cielo e concentrandola tutta nella tonda bocca del suo imbuto...”
Il Recioto è di un rosso intenso e fa 14,5°. Come una marmellata, l'aroma. Al gusto riconferma la sua vicinanza al sapore fruttato maturo. Ben strutturato, viene opportunamente affinato in barriques, perdendo un po' del dolce stucchevole per acquisire il legno della cantina di una volta, quello che sa di mosto. Cioè, come si faceva una volta. Superottimo, scende benissimo, scappa via che è un piacere. sprizzando dolcezza non nauseabonda...
“... A seguirla passo passo, non t'accorgi che impercettibilmente ti sta sfuggendo. Solo le nuvole intervengono a creare l'illusione d'una corsa e d'una metamorfosi rapide, o meglio, a dare una vistosa evidenza a ciò che altrimenti sfuggirebbe allo sguardo… Ora è un lago di lucentezza che sprizza raggi tutt'intorno e trabocca nel buio un alone di freddo argento e inonda di luce bianca le strade dei nottambuli...”
Forse non sarà proprio plenilunio esatto, perché la luna piena è già passata il giorno prima, ma è un buon viatico senza l'umidità e la nebbia dei giorni precedenti, anche per il ricordo della visita, reso palpabile e gratificante da un Superiore, che costa 14 euro e che mi porto a casa.
I pochi elementi che talvolta mancano per raggiungere l'eccellenza vengono per me compensati dalla particolare attenzione al biologico.
Faccio presente il prezzo, che sale un po' rispetto a pari, elevate, qualità. Non è dovuto al biologico, ma alla necessità di reddito per ettaro, dato che la produzione di questa piccola cantina è piuttosto limitata.
Consigliatissimo!!
[cioz]
26/01/2011
Hai visto che simpatico cagnolino che hanno...;) ?