Sono andato a mangiare in questo ristorante durante una giornata passata a visitare birrifici artigianali nella provincia di Parma con un gruppo di amici appassionati denominato La confraternita del vascone, il posto era stato scelto da chi si era preso in carica la parte organizzativa, cioè un un ragazzo che mi ha dato molte soddisfazioni dal punto di vista brassicolo: quando l'ho conosciuto durante un viaggio a tema in Belgio all'inizio del 2010 non sapeva ancora nulla della birra, e da allora ha studiato tanto che le sue competenze su certi punti superano le mie; d'altra parte avevo visto che prometteva bene alla sua reazione di fronte a una Thomas Hardy's ale del 1982 che gli avevo fatto assaggiare al Kulminator di Anversa. Non appena scoperto quale sarebbe stato il posto per il pranzo ho ovviamente fatto una ricerca qui su GM e ho trovato la recensione di Lucy...ah che mi ha fatto ben sperare: non sono stato deluso, ma sarò un po' di manica stretta sulla valutazione perché ho trovato il prezzo piuttosto elevato.
Eravamo in nove e siamo arrivati leggermente tardi (del resto avevamo prenotato per le 14 e abbiamo avvisato anche prima di arrivare), siamo stati fatti accomodare a un grande tavolo nella sala dalle pareti dipinte con vedute del castello di Felino e abbiamo cominciato a studiare la graziosa e contenuta carta delle pietanze; molti non avevano troppa fame perché avevamo già fatto una sorta di aperitivo al birrificio Torrechiara, ma tra di noi c'erano parecchie buone forchette, e quindi abbiamo ordinato salumi misti per sei accompagnati da una porzione di cipolline, un primo a testa, quattro secondi in tutto da dividere con due contorni e (mi pare) quattro o cinque dolci; infine un solo caffè e una sola grappa, da bere tre bottiglie d'acqua, una e mezza di Lambrusco della casa e una e mezza di Sangiovese Morini 2009 (l'equivalente di tre bottiglie di vino in totale).
Salumi indubbiamente eccellenti: ciccioli, prosciutto crudo, salame (ovviamente) Felino, mortadella di Pasquini (che ormai grazie al Kava conosco bene) e spalla cotta, è vero che ci stavamo dividendo in nove sei porzioni, ma mi sono sembrate comunque un po' esigue, specie di prosciutto crudo che avrei voluto assaggiare meglio; buone le cipolline in accompagnamento.
Per i primi sono stati presi due porzioni di cappelletti in brodo, qualcuno i tortelli di sole erbette e la maggioranza di noi un bis (in un piatto solo) di tortelli di erbette e di zucca: molto buoni, ottimo equilibrio tra sfoglia e ripieno, solo che qui la porzione era intera ma francamente scarsa, quattro per tipo e di dimensioni ridotte; qualcuno non ha gradito che fossero già spolverati di parmigiano.
Per i secondi, visto che nessuno ne desiderava uno in particolare c'è stato consigliato di provare il “cucinato” e quindi due porzioni di coppa di maiale arrosto e due di cotechino con salcrao (verze stufate, credo sia uno dei tanti nomi derivati da Sauerkraut, come choucroute in francese) con delle patate arrosto molto agliate, il che a me piaceva ma non a tutti; meno finezza rispetto ai tortelli e anche ai salumi ma sapore rassicurante.
Per i dolci un paio di panna cotta, un gelato, e una o due porzioni di crostata, tutti guarniti con le marasche (industriali della Luxardo), le ragazze presenti hanno apprezzato moltissimo la panna cotta.
Io avevo già notato parecchi articoli e poster alle pareti su Romano Levi, il celebre “grappaiolo angelico”, quindi ho fatto notare a Giovanni (il mio “discepolo”) che non conosceva questo mondo che sarebbe stata una bella esperienza, e scoperto che il prezzo era di ragionevolissimi 7 euro abbiamo preso una grappa a 56° in due, facendo passare il bicchiere anche agli altri per sentire il profumo. Chi l'ha provata lo sa: la grappa Levi è un mondo a parte, e siccome la cucina era ormai chiusa la titolare ci ha mostrato la sua notevolissima collezione di bottiglie (piene e vuote) dal valore di diverse migliaia di euro uscite dal celebre alambicco a fuoco diretto di Romano, alcune anche in vendita (a prezzi proibitivi, ma è noto che esiste un fiorente mercato di “false bottiglie” che riescono a spuntare a loro volta un prezzo notevole), una bella passione che è anche la storia di un'amicizia personale con il defunto distillatore.
Tirando le somme: cibo e servizio meriterebbero senza dubbio quattro cappelli pieni, ma quantità delle porzioni e prezzo, 32.50 a testa in nove avendo mangiato più o meno per sei e bevuto per quattro o cinque, mi fanno abbassare la valutazione a tre; consiglio comunque in pieno questo locale per provare dei salumi di primissima scelta e una cucina tradizionale ottimamente eseguita.
P.S.
Se siete curiosi di sapere l'origine del curioso nome del gruppo di birrofili con cui ero in giro, sappiate che deriva dal profondo stupore (e quasi sgomento) che prese alcuni dei partecipanti neofiti del viaggio in Belgio cui si è accennato sopra di fronte alle grandi vasche piatte di fermentazione del lambic (la birra a fermentazione spontanea del Pajottenland) in cui sono le benvenute contaminazioni di ogni tipo, notoriamente non c'è nulla di più gradito che la caduta nel mosto di una ragnatela carica dei preziosi brettanomiceti della zona. Da allora le battute sul “vascone” e la sua capacità di inglobare ogni cosa sono il nostro refrain, quando il grado alcolico sale (cosa che accade di frequente) siamo soliti ritmare i brindisi scandendo tutti in coro: “vas-co-ne, vas-co-ne, vas-co-ne”...
Consigliato!
[corpicino]
07/11/2011