Quando penso ad una bella tavola imbandita, o ad una capace padella dove accudire con un mestolo di legno la mia anima e la mia ultima amatriciana, la sensazione che ne ricavo e di pace e serenità.
Ecco allora che due affermazioni, che pure ci regalano significati diversi, possono finalmente abbracciarsi e la liberta di parola può tranquillamente trasformarsi in parole in libertà.
E’ proprio così che combatto le tensioni quotidiane, buon cibo e una bella chiacchierata tra amici, in grado di unire ciò che la vita confonde e divide: le parole ed i loro significati. Il mio sforzo è qui quello di rappresentarle finalmente unite a disegnare emozioni, quelle che accompagnano sempre la memoria un buon pasto in compagnia.
La giornata inizia con molti dubbi sulla felicità: una prova impegnativa, per un impegno da provare, può davvero creare le condizioni per alimentare uno stress dalle rare dimensioni.
Se a tutto ciò aggiungiamo una verifica di idoneità per selezionare chi è idoneo ad effettuare verifiche, allora si che lo stress raggiunge limiti che è difficile ricondurre nell’alveo della naturale tensione quotidiana.
Gli esami non finiscono mai, diceva il grande Eduardo, e a volte davvero la vita pretende da noi di smettere gli abiti di esseri umani per indossare quelli di creature replicanti, che guardano impietrite i propri interlocutori dicendo “…Ho visto cose che voi umani... “
Tutti questi impegni, che generano conflitti interni, che ci pongono interrogativi difficili da sciogliere, e se anche ci riusciamo, si annodano da un’altra parte , nel mio caso producono un solo importante effetto collaterale: la fame!
E’ quasi l’una quando io e mia moglie, che non ha voluto lasciarmi andare da solo all’importante appuntamento, usciamo per le strade affollate del centro di Bologna, con la mente finalmente sgombra da codici e regolamenti. Che bello quando la memoria sa che non sarà chiamata sul banco degli imputati, e vaga libera, leggera, finalmente vuota!
Il vuoto però che non consola, e non dà lo stesso senso di libertà è quello che ci rende schiavi, ansiosi: il vuoto di stomaco.
Ed ecco che arriviamo di nuovo alla fame, che suggerisce di cercare un ristorante nei pressi della stazione che ci permetta, dopo aver mangiato naturalmente, di riprendere il treno per Modena.
Arriviamo in via del Porto, accompagnati da Tonino, un amico collega compagno d’avventura, e decidiamo al solito di privilegiare un pasto a base di cibo di mare, e “Il Pirata del Porto” risulta in questo senso abbastanza evocativo.
Il locale è davvero molto ampio, luminoso, ed anche affollato: buon segno!
La pizza, sbirciando i tavoli vicini, non sembra male, ed è farcita anche in modo generoso. L’aspetto della pasta e del cornicione suggeriscono una via di mezzo tra la pizza, così come è definita nel protocollo STG della Comunità Europea, e la sua più comune interpretazione nordica non d’origine: tuttavia risulta abbastanza tentatrice.
Ma noi siamo entrati con altre finalità e ci sediamo, guardando il gran numero di tavoli occupati e subdorando lunghi tempi di attesa. L’umore è però positivo, non solo perché la parte più difficile della giornata, attesa da circa un anno, è ormai alle spalle, ma anche perché all’entrata siamo stati accolti da persone cordiali e sorridenti.
Il cameriere invece non si fa attendere, il personale è in numero abbastanza adeguato alle circostanze, e sembrano anche di più perché tutti si danno una mano.
Il menù è ricco e piuttosto fantasioso, e i prezzi assolutamente ragionevoli. Siamo sempre più soddisfatti della scelta effettuata. Una sola portata basta, però, non vogliamo esagerare lontano da casa, e confidiamo possa sciogliere la tensione accumulata.
Io e Tonino ordiniamo maccheroncini con cozze e pecorino, mentre Mira, che ha guardato con grande cura alcune invitanti proposte dello chef, seleziona un secondo davvero allettante: orata sfilettata ripiena di mozzarella di bufala e cime di rapa. Aleeeeeeèèèè !!
L’attesa non è brevissima, ma neanche lunga come l’affollamento poteva far sospettare. Il cameriere arriva con due piatti enormi e fumanti: visti dal basso ricolmi di cozze e sughetto rosé di pomodoro; visti dall’alto, con nevicata di pecorino.
Naturalmente attendiamo educatamente che anche Mira riceva la propria pietanza, e restiamo in surplace, come velocisti alla vigilia dell’ultimo giro di pista: nessuno vuol partire per primo!
Ma come descritto in precedenza, qui tutti si danno una mano, ed è il pizzaiolo che lascia premuroso il forno e muove alla volta del nostro tavolo, per chiedere a Mira quale piatto stesse aspettando e poterlo sollecitare: bravissimo!!
Proprio nella mia ultima recensione sostenevo che professionalità e predisposizione al rapporto umano sono qualità inscindibili, in qualsiasi attività.
Lo vediamo correre verso la cucina e poi di nuovo verso di noi, per rassicurarci che il pesce è in arrivo, e così è stato. L’orata, di non disprezzabili dimensioni, arriva perfettamente composta nel piatto, come se nessuno l’avesse toccata ancora dal momento della sua cattura.
In realtà è stata completamente spinata, lasciando intatti i due soffici filetti, che al loro interno racchiudono la mozzarella di bufala e le cime di rapa. E già che siamo a Bologna lo possiamo dire: uno sscpettacccolo :
I nostri maccheroncini sono davvero squisiti, l’amalgama di sughetto, cozze e pecorino è davvero gustoso. Tonino, campano come me, apprezza e conferma il mio giudizio. Mira, gelosissima e orgogliosa come non mai della sua ordinazione, mi lascia assaggiare la sua pietanza, che entrambi troviamo eccellente, nell’accostamento dei sapori e nella preparazione.
Beviamo solo acqua, non abbiam bisogno di vino: siamo già ubriachi per esserci tolti il pensiero di un banco di prova al quale non siederemo più. Due caffè e quindici euro a testa il conto finale, Tonino protesta ma nulla può contro la maggioranza, e così riesco ad offrire lo squisito pasto al nostro altrettanto squisito commensale.
Il grande ed insuperabile Eduardo diceva giustamente che gli esami non finiscono mai, e i ristoratori credo lo sappiano benissimo, provando sulla propria pelle, tutti i giorni, cosa questo significhi.
E’ sempre necessario il massimo rispetto ma, come questa volta, anche il massimo entusiasmo quando tutto va bene, come è capitato a noi, e spero di essere riuscito a renderlo. Sono certo che ritorneremo: noi cittadini e marinai del mondo abbiamo un ristorante in ogni porto anzi, in ogni “Pirata del Porto”!
Consigliatissimo!!
[Reginalulu]
24/11/2011
Ed è come dici, che "il buon cibo unisce ciò che la vita divide", il silenzio e il lavoro dei sensi fanno il resto.
Mi son molte volte trovata nei panni di Tonino che vuol pagare e devo dire che in questa gara sei sempre tu il vincitore
:) ....come lo capiSSSSSco