Il primo impatto con la Campania, appena sceso dalla macchina tanti anni fa, è stato simile a questo: un tipo cercava di attirarci a parcheggiare a tutti i costi dove voleva lui, in cambio di soldi.
Qui ad Ariccia c’è un’anticipazione andando verso sud, anche se la cosa è molto meno fastidiosa, anzi, direi paciosa e godereccia, trasformata in tradizione e chiamata “fraschetta”.
Ancora adesso infatti, quando si arriva sotto l’enorme ponte vecchio di due secoli, prima del paese venendo da Genzano, troviamo una signora anziana, fuori dalla porta di uno dei locali, appiccicati l’un l’altro, che cerca di attirare i clienti a mangiare dentro la propria osteria.
Il nome “fraschetta” deriva dall’abitudine ad esporre sopra le insegne un ramoscello, o frasca appunto, per segnalare la possibilità di fermarsi a fare una sosta. In qualche caso la fraschetta era tenuta in mano e sventolata, come facevano col fazzoletto o una bandierina, fino a pochi anni fa, le contadine dell’Appennino sulla Parma – La Spezia per vendere i loro formaggi.
Lo stesso toponimo “Frascati”, dovrebbe derivare dalla frasca.
All’interno, locali molto semplici, dove gli avventori trovano il vino de li Castelli e, tempo fa, così ci è stato detto, potevano consumare spuntini anche con cibi portati da casa.
Adesso naturalmente si mangia quello che offre il locale e vera protagonista della tavola è la porchetta di Ariccia. Ci è stato raccontato, chiacchierando, che un tempo, nel Parco Chigi, dietro il Palazzo omonimo che sta ad un centinaio di metri dalla zona “fraschette”, si estendevano boschi di quercia popolati di maiali da cui si cominciò a ricavare l'ormai famoso alimento.
La signora anziana che attira clienti davanti alla fraschetta Dar Compare, locale in fianco a quello che ho visitato io, la accontento con una foto; seguo invece all’interno la super biondina posizionata davanti alla fraschetta de Sora Ines, dove avevo prenotato.
Pochi i tavoloni dentro, una quarantina di coperti, disposti tipo mensa. Se capita, si mangia assieme ad altri. Sulla destra dell’ingresso c’è un bancone da salumiere con tanta norcineria, perché, volendo, si può anche portar via la roba.
Appesi alle pareti numerosi quadretti simpatici, alcuni da segnalare, che ho anche fotografato, ma forse un po’ troppo “osès” per illustrarli in questo ambito .
Vogliamo l’antipasto e poi un primo, come da suggerimento letto su molte recensioni, lasciando stare i secondi, perché l’antipasto vale ben più del secondo. Il simpatico cameriere, balcanico, con leggera inflessione romanesca, dovuta evidentemente ad un lungo soggiorno in questi luoghi, ci suggerisce allora un antipasto “leggero”… suggerimento che raccogliamo al volo…
… ammazzaoh!… cestino di pane casereccio di Genzano, senza sale, cotto nel forno a legna, veramente buono… un piattazzo di porchetta, tanti pezzi tagliati grossi, tenerissima, gustosissima, speciale veramente… un altro piatto con quattro fette di coppa e altrettante (spesse) di prosciutto crudo, molto buone… quattro salsiccette mignonnes di cinghiale, eccellenti… cinque sei striscette di filetto di maiale seccato con peperoncino piccante e semi di finocchio, superlativi, mai mangiati prima… una mozzarella gigante di bufala ciociara, sapore profondo, che buona… ciotolina con filetti di melanzane sott’olio, ottime… ciotolina con carciofi sott’olio, pure ottimi… fagioli all’uccelletto, normali… olive disossate sott’olio al peperoncino piccante, squisite… due bruschettone calde all’olio con pomodorini cirietti… strepitose…
Il tutto innaffiato con mezzo litro di vino rosso de li Castelli, niente di straordinario, ma bevibilissimo, proprio buono… e un litro di acqua della casa, addizionata di anidride carbonica… e poi lo stornellatore scadente che entra con la fisarmonica a straziarci le orecchie e a farci deglutire… simpatico…
Saremmo quasi a posto, grande mangiata, per fortuna che l’antipasto era “leggero”…
Lo slavo, che ci deve aver preso in simpatia (o forse fa così con tutti), riesce a ridurre, su mia richiesta, i due primi che avevamo ordinato in due mezze porzioni… arrivano poco dopo due piatti ovali di bucatini all’amatriciana, caldissimi, cotti alla perfezione, squisiti, con il guanciale a pezzettoni, non con la pancettina affumicata tagliata a dadini fini come fanno qui dalle nostre parti… spolverati di abbondante pecorino romano… porzione da uno e mezzo almeno…
Rientra dalla porta la super biondina accalappia turisti, che dev’essere una nipote della Sora Ines, e, guardando i bucatini, esclama con un vocione da scaricatore di porto: “Fatti come li faceva la nonna, anche se la nonna adesso nun ce stàppiù… ma ce stà ER METODO!”
OSTINATA, che forsa!
Eravamo stati messi (ingiustamente) sull’avviso per il fatto che ste fraschette sono diventate posti accalappia turisti, in senso negativo.
Accalappia turisti sì, ma non in senso negativo.
Immancabilmente, come ci è successo più volte in questa vacanza romana, la sorpresa in ulteriore senso positivo arriva col conto: 29 euro in due!
Grandioso! Anche questo è al top per la sua categoria. Il mezzo punto che perderebbe per alcuni cibi assolutamente normali (ma buoni comunque), lo guadagna con un conto sbalorditivo quanto ad onestà.
Imperdibile!!!
[johnnybazoo]
09/01/2012
alla faccia dell'antipasto leggero
è bello sapere che dietro a una bella ragazza di fronte a un ristorante non sempre cìè la fregatura assicurata, hai preso il n° di telefono? .....della ragazza intendo