Io ci andavo volentieri, perché vedevo il Musichiere, che a me piaceva tanto. Noi non avevamo la tele e all’osteria da Ugo ce l’avevano, anche se era appesa in alto sopra un trespolo metallico e io dovevo spesso accucciarmi per terra, sul pavimento di gres macinato e di mattonelle smosse, in prima fila con gli altri bambini, perché c’era sempre pieno, e mi veniva il torcicollo a guardare in su.
Era una “rama” allora, parliamo di oltre cinquant’anni fa, alla fine degli anni cinquanta. La “rama” era un’osteria, come ce n’era più d’una, nei pressi dell’Adige (un po’ come le fraschette di Ariccia, dove ancora adesso le proprietarie o le cameriere richiamano la gente, una volta con un ramo in mano, adesso con i volantini del menu), spesso con due o tre strisce di polvere rossa per giocare a bocce, con anche dei tavoli di fòrmica esterni, dove, oltre ad un bicchier di vino, potevi anche mangiare polenta, soppressa e formajo, monte veronese. Allora, aveva una bella pergola davanti all’ingresso, dove i grappoli d’ uva rimanevano attaccati a dei ferri ruggini, e in ottobre si sentiva il profumo-odore dell’uva mezza marcita sopra, o per terra.
Adesso non si chiama più “da Ugo”. Dopo una parentesi di “da Dino”, che aveva introdotto anche qualche piatto di lasagnette al ragù (come chiamiamo qui le tagliatelle), è diventata “dalla Bruna”. Non è più scalcinata con la scritta bordeaux “da Ugo” disegnata in grande sul muro sopra la porta d’ingresso, ma è un edificio ristrutturato recentissimamente, bianco, con paramenti stilizzati di cemento grigio scuro sul davanti, la scritta “dalla Bruna” in rilevato bianco di plastica, e una tela motorizzata che copre in parte l’ingresso al posto della pergola.
Dentro è abbastanza high tech, tutto bianco, tutto pieno stipato di gente come oltre cinquant’anni fa, e abbastanza rumoroso. Fanno da mangiare solo a pranzo e i prezzi sono questi: 10,50 euro per primo a scelta, secondo a scelta, contorno a buffet a volontà, acqua e un quarto di vino sfuso; 8 euro il secondo col contorno senza il primo; 7,50 euro solo il primo col contorno senza il secondo, sempre con vino e acqua compresi.
... D’estate, di sera, ci sedevamo fuori, sui tavoloni di legno, e lì imparai a giocare a briscola, in fianco a quelli che giocavano a bocce… io e mia mamma, contro mia sorella e mio papà… Immagini sbiadite, sembra un’altra era… Dopo un po’ Mario Riva morì, proprio a Verona, in un buco dell’Arena, e finì il Musichiere. Ma iniziarono le trasmissioni del secondo canale Rai e di Studio Uno, e io sempre lì in prima fila, col torcicollo, perché la tele era sempre in alto sul trespolo… in casa arrivò solo quando Armstrong andò sulla Luna...
Di primo io e l’Elisa prendiamo le paparèle coi figadini… la mia bimba bionda è un’amante del brodo... Mia moglie si tira giù una fondina di verdure: il buffet presentava patate lesse, verze cotte saltate in tegame, rucola fresca, pomodori, insalata indivia, fagioli Spagna con olio e prezzemolo, carote fresche juliennes. Roba da poco, cioè senza una grande elaborazione culinaria, ma tutta fresca e ben mangiabile, quasi come a casa.
Le paparèle sono buone ma un po’ stracotte (difatti arrivano subito, dopo qualche minuto d’attesa), il brodo è ottimo, con dei begli occhietti, ma non tanto caldo, eccellenti i fegatini, ma un po’ pochini.
Per il bere ascolto la Marta e ordiniamo mezzo litro di custoza sfuso della cantina Vantini di S.Floriano, che è vicino a casa mia e conosco per cose migliori. Il vino scende, ma non è granchè. Avrei dovuto seguire il mio istinto, ordinare una bottiglia e spendere qualche euro in più, perchè il Custoza deve venire dalla zona di Custoza, non dalla Valpolicella. Oltre a questo, il vino alla spina non mi ha mai sconfinferato... ma alle volte mi lascio trascinare. Assieme, una minerale gasata.
Ciabattine normali nel cestino del pane, coperte opportunamente da un tovagliolo. Il copritovaglia è di carta plasticata usa e getta, i tovagliolini sono di carta. Bagni nuovi e puliti.
... Allora il cesso era una turca in un baracchino esterno, di legno, vicino alle bocce, spesso visitato da qualche anziano giocatore. Ogni tanto provavo anch'io a giocare a bocce, ma le bocce erano pesantissime e non riuscivo a tenerle in una mano sola. Sento ancora schioccare nelle orecchie il rumore delle “asse”, quando cioè la boccia andava a sbattere contro le assi che delimitavano il fondo campo, con l’accompagnamento dell’imprecazione, o del giubilo, di chi aveva sbagliato il tiro, o colpito la boccia mirata. L’attività successiva alle bocce e alla briscola, quando cominciai ad avere sei-sette anni, era quella di raccogliere per terra, sotto la pergola, i “querciolèti”, cioè i tappi corona delle bottiglie, di cui facevo raccolta e con i quali giocavamo come con le picce. Quello della Wührer, la più famosa birra italiana di allora, era il querciolèto più gettonato...
La Marta di secondo prende bollito con la pearà: una fetta di lingua (non salmistrata), una di manzo e una di cotechino. Buono, ma non memorabile, a suo dire. Quello che avevo mangiato io il giorno prima a Pastrengo era decisamente superiore, certamente in quantità, ma così a occhio anche in qualità. Del resto, con i prezzi praticati, non si poteva certo pretendere di più.
Con la fondina zeppa di verdure (buone le verze cotte, il resto normale), di secondo ho preso una scamorza cotta alla piastra con sopra delle fettine di speck. Anche questo piatto buono, ma non memorabile. pure la bionda si tira giù una fondina di verdure.
26 euro il conto finale. Segno per persona quello che ho pagato io per il menu completo, che comunque rimane sempre pochissimo.
Consigliato!
[7bis]
28/10/2012
Ottimo il prezzo!