Bourgogne – 1
C’erano da smaltire i postumi di un viaggio un po’ avventuroso, con inaspettata bufera di neve sotto il Monte Bianco, sia in Italia che in Francia (una coltre che ha raggiunto i 30 cm. sull’autostrada), e con il copri cerchione staccatosi da un camion proveniente dalla corsia opposta... Questo, prima d’Ivrea, ci ha investito ai 200 all’ora rovinandoci la macchina e, solo per riflessi ancora discretamente scattanti (obbligato in questo da calciatori che, diversamente, mi farebbero la festa ogni fine settimana), sono riuscito in parte ad evitarlo con un controsterzo, prima che mi schizzasse sul parabrezza, distruggendolo.
Ma a smaltire ci siamo riusciti bene.
L’Hotel de la Poste è nella piazza centrale di Pouilly en Auxois, nel cuore della Côte d’Or. Il ristorante è un Logis de France, con due cocottes, ed è condotto dallo chef Anthony Bonnardot, che propone una cucina tradizionale rivisitata e presentata in modo eccellente.
Dignitoso da fuori, dentro è proprio bellino, con arredamento moderno inserito in muri vecchi di pietra a vista, e una gigantografia affrescata del Clos de Vougeot, famoso Chateau poco distante da qui, che rappresenta la produzione del vino della Borgogna, o quantomeno quello del centro della Borgogna, tra Dijon e Beaune.
Mentre scegliamo due menus da 25 euro, ci arrivano su un piattino, come mises en bouche, quattro piccole sfogliatelle ricoperte con un leggero strato di formaggio e spezie. Come avviene quasi sempre, le cose offerte sono molto gradite (ma erano anche buone). Raccomandati dalla signora del nostro B&B, ci viene offerto anche un kir, aperitivo a base di crema di cassis e Aligotè, un vino bianco secco di queste parti: eccellente, è la bevanda tradizionale del posto (ci diranno poi che facilita la digestione).
“Pour votre patience…” ... mentre aspettiamo l’entrèe, la cameriera, un’anziana tracagnotta molto gentile e professionale (probabilmente la proprietaria), ci presenta, con questa frase, anche due ciotoline con gamberetti e dadolata minuta di zucchini saltati con erbette. Squisiti anche questi. Non c’è che dire, sti francesi sono proprio forti, sul lato culinario e, nella maggior parte dei casi, sanno come farsi voler bene. E in realtà abbiamo aspettato il giusto, perchè il cuyoco avesse il tempo di preparare le portate.
Beaune è una cittadina bellissima e, per chi non l’avesse vista, vale la pena. Vale la pena anche per noi che c’eravamo già passati anni fa andando a Parigi. Singolare l’Hotel Dieu, un vecchio ospedale ora trasformato in museo, con un tetto in scaglie d’ardesia colorate e dorate. Molto carino anche il centro storico, con tutte quelle cosette che ci fanno sempre apprezzare un ritorno annuale in Francia: estrema pulizia quasi ovunque, pasticcerie favolose (anche all’occhio), drogherie pure, banchi di frutta e verdura, e non poteva mancare anche l’antico lavatoio in pietra, lungo il fiumiciattolo che l’attraversa. Con i fiori, nella stagione estiva, è un bijou. Qui siamo ad una quarantina di km. da Beaune.
Una Badoit frizzante naturale e, solo per me, un calice di Chablis 2008 Vieilles Vignes de La Chablisienne, molto buono, parecchio salinato. Scoprirò qualche giorno dopo che La Chablisienne è una delle cantine più rinomate per lo Chablis, vincitore di parecchi premi.
Le due entrèes, uguali per me e mia moglie, sono costituite da un Grosso fagotto di pasta filo croccante, con ripieno di verze stufate, escargots e champignons (che io ho accuratamente messo in un angolo), su un letto di una specie di maionese dolce o forse salsina al vino bianco, insalata verde con sedani juliens e senape. Bella presentazione e tutto molto buono.
Noto che la cameriera arriva sempre con un vassoione grande con tutte le portate dentro, che poi appoggia su un apposito cavalletto in legno, posizionato qua e là tra i tavoli. Un sistema efficace, che ho visto poi anche in un locale molto più di lusso (raramente in Italia), per portare ai tavoli più portate senza fare tanti giri dalla cucina.
Il piatto principale conteneva un trancio di merluzzo bianco (cabillaud) cotto al forno con paprika dolce, presentato assieme ad un pezzo di cavolo lesso, uno spicchio di carota lessa e purè di zucca. Eccellente anche questo. Il pesce è “del giorno”, non viene specificato nel menu, perché cambia a seconda del mercato e da l’impressione di essere bello fresco.
Il cestino di vimini messo sul tavolo ha alcune fette di pane cotto nel forno a legna, un pane tradizionale locale.
Non è finita. Dopo un po’ arriva una tazza di ceramica artistica, con un manico arcuato stranissimo, con dentro un formaggio “crème fraiche”, delicato. Assieme, arriva anche un rettangolo stretto e lungo di ceramica bianca con due piccoli pezzetti di formaggio Epoisses (il puzzone locale più famoso, tipo Camembert) e di Brie, con un pugnetto di fichi confits e uvetta passa. Ottimi i due piatti di formaggio.
Tempi perfetti, anche perché ci siamo solo noi e una giovane coppietta francese, con bambino terribile da dieci-undici mesi che camminava gattoni biascicando versi, ogni tanto arrampicandosi sulle sedie, e col quale scambiavo sguardi divertiti.
Ci siamo infine divisi i due desserts: una tarte tatin con strisce di caramello, gelato al caramello e granelle di nocciole, e poi un bicchiere di pere cotte, cubettate e caramellizzate, con sopra una spuma al’amaretto o simile. Eccellenti anche i desserts, presentati sempre molto bene.
30 euro a testa: chapeau! (anzi, cinque volte chapeau…) In Italia, per mangiare in questo modo, con questa elaborazione culinaria, inventiva e presentazione artistica, e anche con una discreta quantità, si spende almeno il triplo. Di spendere tanti soldi per mangiare in modo eccellente son capaci (quasi) tutti, ma se passate dal centro della Francia, nell’albergo di questo sperduto paesino di campagna, riuscirete a farlo a questo prezzo.
Imperdibile!!!
[joy]
02/04/2013