Quest’anno sotto l’albero non ho trovato un pacco, ma una busta, regalo di mia moglie, la quale remando contro i miei buoni propositi di controllo del peso, mi ha regalato una cena da Amerigo!
Così Martedì ho “riscosso” il regalo, chiaramente in sua compagnia!
Siamo impazienti e io anche un po’ eccitato per la serata che ci aspetta.
Abbiamo voglia di tartufo e di passare un po’ di tempo insieme, da soli, dopo l’overdose di bimbi sorbita durante le feste.
Entrare a Savigno è come fare un salto nel passato. Il paese è ben tenuto, con pochi negozi e un paio di bar corredati di vecchi con cappello che giocano a carte.
Pioviggina, per le strade ci siamo solo noi e la malinconica desolazione è improvvisamente interrotta dal fracasso delle campane al quale si sovrappone l’organo suonato in chiesa e addirittura diffuso in piazza da altoparlanti.
Poco più avanti sulla destra si incontra la Trattoria su due piani di un palazzo che affaccia su via Guglielmo Marconi, con una bella insegna d’epoca dipinta a mano.
Entriamo dalla dispensa e immediatamente veniamo accolti e annunciati alla proprietaria. L’accoglienza, calorosa e informale, non è da ristorante stellato, ma in linea con l’atmosfera del paese.
Confesso che me l’aspettavo diverso. Solitamente quando l’austera Guida Michelin assegna una stella è sempre garantita una certa formalità negli arredi e una certa internazionalità nell’impostazione del locale. Amerigo invece ha difeso il carattere di “Trattoria”. Certo, tutto è curato con un maniacale rispetto dello stile anni ’30, ma rimane una vera trattoria, negli arredi, nei locali, nei dettagli e questo confesso che mi ha colto in contropiede.
Ci accomodiamo al piano superiore in una delle sue sale a fianco di un tavolo di giapponesi (e qui si tocca con mano la fama del locale) aveva già iniziato a cenare.
I tavoli sono quelli d’una volta, troppo bassi per accavallare le gambe e francamente un po’ scomodi, come del resto le sedie, d’epoca e scricchiolanti.
Le pareti sono affrescate con scene bucoliche di cerbiatti che passeggiano nel bosco e uccellini che cinguettano sui rami. Atmosfera davvero calda e a suo modo raffinata.
Il menù è pesantemente influenzato dalla disponibilità di materia prima, con particolare riferimento a funghi e tartufo.
Noi amiamo i menù degustazione e ci rallegriamo di poter scegliere fra 2 possibilità: "classico" e "stagionale".
Il "classico" propone piatti della tradizione emiliana e bolognese, per intenderci: calzagatti, salumi, tigelle con crema di parmigiano e balsamico, tortellini, tagliatelle, tortelloni, baccalà, …
La nostra attenzione è attirata dallo stagionale poiché contiene piatti a base di tartufo!
È proposto a 70 euro a testa e si compone di:
- zuppa del bosco, con ingredienti del giorno…
- passatelli asciutti al tartufo bianco
- Lasagna di ragout bianco con tartufo nero pregiato
- selvaggina del giorno…
- Dolce (o formaggi)
Quello che non ci convince è la zuppa iniziale, servita come antipasto, e per questo motivo integriamo il menù con una porzione da dividere di battuta di carne cruda con tartufo nero estivo.
La lista dei vini è divisa in due carte distinte:
- vini locali di cantine in un raggio di 20 Km
- vini nazionali.
Confesso di aver aperto solo alla lista dei vini del territorio, nella quale il vino più costoso era venduto a 20 euro, ma la media era attorno ai 13 euro a bottiglia.
Tutti i vini inclusi in questa lista locale sono disponibili al calice, ad un prezzo di 1/5 (un quinto) del costo della bottiglia.
Un’altra scelta questa perfettamente in linea con quella volontà di difendere l’identità della trattoria.
Quando manifesto la volontà di rimanere nel territorio, la gentile proprietaria mi toglie dall’imbarazzo e mi propone l’irrinunciabile possibilità di una degustazione al calice con 4 differenti vini da associare ai piatti nel corso della serata.
Che le danze abbiano inizio:
Pre-antipasto
Offerto a tutti e non compreso nel menù, composto da una tigellina con una saporitissima crema di qualcosa che non ricordo. Vista la fame è stata divorata in un sol boccone. Con il piatto è stato servito uno spumante, anch’esso non compreso nell’ abbinamento al bicchiere.
Battuta di bianca modenese al tartufo nero estivo
La porzione è stata gentilmente divisa in 2 piatti, in ognuno dei quali erano presenti 3 polpettine di carne cruda, ben condite e sigillate da fette di tartufo estivo.
Sapori ben amalgamati fra i quali emergeva un olio extravergine da favola e un tartufo per nulla terroso. Ottimo inizio!
Crema di castagne con formaggio caprino e salvia fritta
Ci viene presentata una fondina con adagiata un crema di castagne tiepida, un generoso filo d’olio, tre quenelle di caprino fresco e al centro una bella foglia di salvia fritta.
Era il piatto che sulla carta ci convinceva di meno, ma si è rivelato il piatto più originale della serata. Sapori intensi, non facili da abbinare, perfettamente miscelati a comporre un piatto equilibratissimo. Il sapore dolce delle castagne era contrastato dall’acidità del caprino fresco e completato dall’aroma della salvia che, in quanto fritta, dava quella nota croccante che mancava. Perfetto. Il piatto è stato riconsegnato pulito, lucido…
Passatelli asciutti al tartufo bianco
L’arrivo del gestore che saliva le scale per portarci i piatti, è stato preceduto dal profumo del tartufo bianco che si è diffuso in tutta la sala.
I passatelli erano perfetti per essere serviti asciutti, sodi quasi come bigoli, ma intensi di parmigiano, con trifola abbondante e meravigliosa. Difficile immaginare una cosa più ruffiana, golosa e intensa di questa.
Il menù scelto prevedeva una mezza porzione, comunque ben sufficiente ad appagarci pienamente.
Faccio notare che, vista la scarsità del tartufo bianco che, ahinoi, quest’anno si lascia desiderare, la porzione completa è proposta “a la carte” a ben 48 euro… dei quali 10 per i passatelli e 38 per il tartufo (10 grammi a 3.8 euro al grammo).
Credetemi: comunque ne varrebbe la pena.
Lasagna bianca al tartufo nero pregiato
Solitamente non amo il ragout bianco, perché lo ritengo un inutile esercizio estetico, ma in questo caso, dovendolo abbinare al tartufo, l’ho trovato azzeccato e necessario.
Le lasagne erano di pasta gialla sottilissima, con tanti strati di ragout saporitissimo e crema di parmigiano al posto della besciamella (almeno credo). Il tutto ricoperto con abbondante tartufo nero grattugiato. Piatto meraviglioso che è riuscito a farsi rispettare anche dopo gli indimenticabili passatelli.
Germano reale, in tagli e cotture diverse, con composta di frutta e zucca arrostita
Il piatto è stato impegnativo. I tagli del povero germano che si è sacrificato per noi erano molto diversi fra loro, sia come cottura che come sapore.
Il petto, affettato spesso e lasciato rosato, dal sapore delicato.
Una coscia cotta al forno con il vino bianco.
Un involtino, di non ricordo quale parte, che pareva abbrustolito alla griglia.
Un hamburger cotto alla piastra.
La frutta (ho individuato mele e melograni) era servita a parte e cotta, a quanto pareva, nel vino rosso, ma forse era semplicemente il succo dei melograni. La zucca era arrostita al forno.
La porzione a nostro parere era fin troppo abbondante. Ottimo il petto e la coscia, ma veramente impegnativi gli altri due tagli, soprattutto l’hamburger che aveva un sapore di selvaggina veramente intenso.
In ogni caso è stato un secondo piatto di alto livello, ben pensato e ben abbinato alla dolcezza della zucca e all’acidità della frutta.
Pre-dessert, non inclusa nel menù e offerta
Una pallina di sorbetto a qualcosa che non purtroppo non ricordo… comunque saporitissima e sgrassante.
Cubo di cioccolato con maltritato di caffè
Un cubo, grande e morbidissimo di una specie di torta di cioccolato che era quasi una mousse, con, appunto, il maltritato di caffè. Buonissimo, golosissimo e non propriamente leggero… visto anche il fatto che eravamo più che sazi.
Non abbiamo preso il caffè al tavolo, rinunciando dolorosamente alla piccola pasticceria di accompagnamento, ma proprio non ce la potevamo fare.
Abbiamo invece accettato un nocino prodotto della dispensa Amerigo (ottimo e cremoso) e un deca offerti al bancone prima di uscire.
Come anticipato, per tutta la cena abbiamo degustato vini del territorio perfettamente abbinati ai piatti. Mi scuso per la poca precisione, ma non sono di quelli che fanno foto a tavola e che si annotano il vino, se non in casi eclatanti.
- Per la battuta e la zuppa un Bologna Bianco DOC, profumato e facile da apprezzare.
- Per i passatelli al tartufo bianco un “Posca” bianco, Orsi, vigneto San Vito. Un vino rustico non filtrato, torbido pieno di aromi che con i suoi 13,5 gradi è riuscito a resistere all’attacco prepotente del tartufo bianco.
- Per la lasagne e per il germano sono stati scelti altri 2 vini, questa volta rossi, di gradazione oltre i 14 gradi, anch’essi con una certa rustica personalità dei quali purtroppo non ricordo altro… posso solo raccontarvi di un impressionante profumo di “sottobosco” del secondo vino, tanto intenso da risultare quasi invadente se bevuto da solo, ma perfetto in abbinamento alla invadente selvaggina.
Responsabilmente nel regalo era inclusa una notte in Locanda Amerigo, cosa che è servita a salvare la patente e a conservare l’automobile intatta. Non mi dilungo nella descrizione della Locanda, perché è tanto caratteristica che meriterebbe una recensione a parte.
Dopo più di 2 ore e mezza seduti al tavolo, mentre il gestore si rifiutava garbatamente di cucinare degli spaghetti all’arrabbiata per gli entusiasti giapponesi forse non degni di tanta qualità, ci avviamo verso l’uscita.
Tirando le somme, abbiamo passato proprio una bella serata. I gestori e i ragazzi accolgono con una gentilezza sobria e spontanea, senza tanti fronzoli. La stessa concretezza spicca nella cucina e in tutta l’atmosfera del locale.
Rimango sorpreso per la stella Michelin, non tanto perché non ritengo Amerigo degno di riceverla (anzi…) ma perché non credevo che la qualità della cucina e l’originalità dell’atmosfera potessero essere considerate prevalenti rispetto ad altre caratteristiche le quali, trattandosi di una trattoria, vengono un po’ a meno.
In ogni modo tutto questo è da considerarsi come un complimento ai recensori della Michelin che hanno dimostrato flessibilità e concretezza nel giudizio, poi al cliente che ci sia o no la stella, non credo che interessi più di tanto.
Abbiamo speso anzi, mia moglie ha speso:
- 152 Euro di cucina (140 per i 2 menù degustazione e 12 euro per la battuta di bianca modenese aggiunta)
- 20 Euro per i due abbinamenti dei vini al calice
- 4 euro per 2 caraffe d’ acqua (una gassata e una naturale)
Per un totale di 176 euro, 88 a testa.
Sicuramente non poco, ma per quello che abbiamo mangiato e bevuto la ritengo una cifra addirittura bassa.
Soprattutto per i 4 vini, per i quali ci sono stati addebitati soli 10 euro a testa, ma ci è stata sempre lasciata la bottiglia sul tavolo con l’inevitabile rabbocco.
Scegliendo il menù tradizionale senza tartufo, per un antipasto, un primo, un secondo e un dolce (o formaggio) vengono chiesti 39 euro, a mio parere un prezzo "da pizzeria", che diventa eccezionale per un ristorante stellato.
Per la cronaca, la camera nella vicina e caratteristica Locanda costa 90 Euro (ma gentilmente scontata ad 80), compresa di colazione per due al bar della piazza.
Soddisfazione completa e complimenti alla gestione per portare avanti il progetto “Amerigo” con così tanta passione e professionalità.
I cappelli sono 4 perché il quinto è rimasto sulla seduta al limite dello scomodo delle sedie e del tavolo, troppo vintage.
Consigliatissimo!!
[joy]
07/01/2016