UN PO' DI STORIA PER COMINCIARE
Senigallia, deve il suo nome al fatto di essere stata fondata dai galli Senoni, quelli che assediarono Roma sotto la guida del loro capo Brenno, che pretese un riscatto esorbitante al grido di vae victis. I galli Senoni sono originari di una zona che si trova attualmente nel dipartimento della Yonne, e particolarmente dalla zona dove oggi sorge Sens, che nel nome ricorda l'antica popolazione; a Sens, a partire dal municipio in puro stile pompier sulla cui facciata campeggia una sua statua colossale, fino all'albergo in cui abbiamo alloggiato quando l'abbiamo visitata, tutto ricorda Brennus, vi si trova inoltre una delle prime cattedrali gotiche di Francia (la vicinanza con Parigi ha fatto sì che per secoli il vescovo della capitale fosse in realtà un supplente dell'arcivescovo di Sens… stranezze della storia) e, cosa che ci collega alla nostra recensione, un ristorante bistellato Michelin dove abbiamo consumato uno dei nostri più memorabili banchetti. Ecco dunque che ci rechiamo da Uliassi col pensiero rivolto a un possibile gemellaggio culinario, oltre che storico, tra Senigallia e Sens.
CAPITALE GASTRONOMICA
Senigallia durante il rinascimento è stata brevemente capitale di una signoria con i della Rovere, come segno tangibile rimane la Rocca Roverasca, che da semplice fortezza ai tempi della riconquista dei territori papali dopo la cattività avignonese con il cardinale Albornoz, si è trasformata in palazzo ducale; le vestigia di quel passato si riscontrano anche una certa fierezza del suo centro cittadino, alimentata dal fatto di avere dato i natali a quel “cittadino Mastai” (come lo chiama Carducci) passato alla storia come ultimo papa-re col nome di Pio IX. Oggi Senigallia è tornata a potersi definire una “capitale”, questa volta gastronomica, grazie alla presenza di Mauro Uliassi sul lungomare davanti al centro, e di Moreno Cedroni con il suo La Madonnina del Pescatore nella frazione Marzocca (ci siamo stati in rapida visita nel pomeriggio: se è vero quel che si dice della sua cucina mai contrasto fu più stridente tra l'anonimo e brutto edificio che ospita il ristorante e i piatti che propone). Peraltro non mancano altri ristoranti, più modesti, ma comunque di buon livello.
LA BANCHINA DELLA SPIAGGIA DI VELLUTO
La spiaggia di questa cittadina ha acquisito il titolo di “spiaggia di velluto” grazie alla morbidezza delle sue sabbie, proprio qui, per la prima e ultima volta nella nostra vacanza pasquale al mare “compiemmo poi quel rito inevitabile e abusato, corremmo coraggiosi e scalzi lungo la battigia” per dirla con le parole di colui che presta la seconda parte al mio nickname (a dirla tutta le scarpe me le sono tolte solo io, e non ho corso affatto… l'acqua non era tanto fredda); il ristorante Uliassi è proteso tutto in lunghezza sulla banchina che divide la spiaggia dal porto, su questa banchina è stata posta una scultura che rappresenta un busto di donna che sorge dal mare dove gli adolescenti vanno a serrare quei lucchetti, su imitazione del Ponte Milvio a Roma, che dovrebbero garantire eternità ad amori che spesso non vedono finire la stagione che li ha visti nascere… più duraturo è il ricordo di chi si reca a mangiare da Uliassi.
CLASSICAMENTE IN BIANCO E BLU
L'interno del ristorante rispecchia il classico stile marinaresco presentandosi in un bianco abbagliante con inserti blu, con lampade cromate che ricordano le lampare appese alle pareti (sfasate rispetto ai tavoli per smorzare l'illuminazione), specchi circolari in guisa di oblò, tavolini quadrati quasi piccoli da sembrare una normale trattoria di mare, anche se apparecchiati in modo semplice e raffinato (la mia compagna voleva rubare una delicata rana di vetro che si trovava su delle finte ninfee in uno squadrato vaso trasparente con un po' d'acqua sul fondo) e sufficientemente distanziati, semplici ma comode sedie di legno coi braccioli. In effetti nella sala sul davanti, che vediamo di sfuggita, le cose sono diverse: poltroncine in plexiglas, apparecchiatura leggermente differente e tavoli tondi. Il nostro tavolo invece è di quelli lungo la vetrata che si affaccia sulla spiaggia, a quanto riesco a capire dai discorsi dei camerieri con altri clienti si tratta dello stile originario del locale, noi lo preferiamo… non che avessimo poi scelta: come accade in questo tipo di ristorante quasi tutto il personale ci ha salutati all'ingresso, è stata controllata la nostra prenotazione e una cameriera ci ha scortati al nostro tavolo individuato dalle coordinate B-2… colpito e (date le dimensioni) affondato.
IL BALLETTO DEI CAMERIERI
Per una di quelle misteriose antipatie istantanee che nascono, pare, solo tra donne (non me ne vogliano le lettrici del sito, ma tra mia sorella, le mie amiche e la mia compagna tante volte ho visto negli anni, spesso proprio al ristorante, nascere degli antagonismi feroci tra perfette sconosciute), la mia compagna trova insopportabile perché troppo sussiegosa quella che sarà la nostra cameriera principale; in questi casi il suo classico commento (che resta ovviamente fra di noi) è che solo pochi anni prima quella stessa ragazza avrebbe in teoria potuto essere una sua studentessa in un istituto alberghiero e lei vederla penare in un'interrogazione di chimica e appiopparle poi un quattro. La cameriera potrà prendersi la sua rivincita più tardi, quando coglierà la mia compagna che tira su col dito un po' di salsa rimasta in un piatto…
Comunque il servizio sarà per tutta la cena rapido e professionale, la signora (si potrebbe dire signorina, è la sorella e non la moglie) Uliassi gentile e sorridente nel suo rapido passaggio, e l'unico punto debole si rivelerà il timido sommelier, come vedremo nel paragrafo dedicato al vino.
LA SINFONIA MAESTOSA DEL MENU
Quando si va per la prima, e magari ultima, volta in un ristorante del genere io preferisco affidarmi ai menu degustazione, che permettono di farsi una più ampia idea dei talenti del cuoco e, quando sono intelligentemente costruiti, rappresentano una creazione in più dotata di senso. Uliassi in questa stagione prevede due menu, uno di solo pesce con molti crudi, e l'altro, che scegliamo, di dodici piccole portate che prevede anche pasta, carne e un piatto a base di formaggio; dai tavoli che possiamo vedere ci rendiamo conto che la clientela non è composta, come capita alle volte in questi posti, esclusivamente da “forestieri” che capitano qui una volta sola, e infatti molti si limitano a scegliere due piatti da una carta che sembrano conoscere. Come bevande, a parte l'acqua sia liscia che gassata, la canonica degustazione di vini al calice abbinati.
Prima di tutto, come appetizer o, come preferisco dire, amuse-bouche, viene portato un “loacher” (un wafer) di fegato grasso alle nocciole, abbinato con un piccolo kir royal (la mia compagna mi fa notare che la cameriera pronuncia come se fosse inglese…), giustamente stuzzicante; il pane prevede grissini al formaggio, pane al nero di seppia, marchigiano e al guanciale: tutto buono, ma in ristoranti simili ne ho provati di migliori.
Il menu scelto si compone di:
I patate di montagna con ostriche e gelato di cipolla di Tropea, molto buono, il sapore del mare delle ostriche armonizzato a quello delle patate;
II “scampo zen”, crudo con “aria di cedro” (praticamente l'unica nota “à la Ferran Adrià ”), accompagnato però da mango solido in cubetti (e forse altro, difficile capirlo), intrigante;
III vellutata di cavolfiore con trippa di merluzzo, in teoria interessante, di fatto la portata meno entusiasmante;
IV capesante arrostite con insalatina e minuscoli gelati di pomodoro, sedano e cetriolo, eccellente, il menu comincia a innalzarsi verso le vette (e anche ad aumentare le dosi),
V sandwich di triglia con verza, buonissimo, ottime le verdure di complemento;
VI guazzetto di crostacei e molluschi in albanella (vasetto a chiusura ermetica di vetro), strepitoso, gamberi e cicale di mare sono saporiti e consistenti come mai altrove, il profumo è intenso, oltre al pomodoro e all'aglio compare lo zenzero e strane erbe piccanti che non identifichiamo, tutta la “puccia” viene prosciugata a forza di pane e cucchiaino;
VII pane e burro e alici e alici in salsa di arance, io non amo molto le alici, ma il contrasto con le note aspre è ben trovato;
VIII spaghetti al fumo con vongole e pomodorini arrostiti, semplici e ottimi;
IX oca laccata al tè di ciliegia con il suo fegato grasso, squisita, a un passo dal sublime, magnifici i cubetti di ananas aromatizzati per concludere;
X pecorino e pere con tartufo nero, gradita presenza casearia, recentemente sul sito ho letto la versione emiliana del detto, quella lombarda è: “la bocca l'è minga stracca se la sa nò de vacca”;
XI primo dessert di frutta: “meringa di ananas con gelato di fragola, cocco e mou al rum”, strepitosa la meringa a grissino, squisito l'insieme;
XII secondo dessert a base di cioccolato, liquirizia e caffè, in varie consistenze, buono, ma a nostro parere inferiore a quello di frutta.
Un pasto prelibato e magnifico, ovviamente più orientato su pesce, crostacei e frutti di mare (d'altra parte è scritto nella ragione sociale del ristorante: Uliassi s.r.l. cucina di mare), ma che faceva della carne un punto di forza anziché una semplice comparsa messa lì per la forma, e che proponeva una pasta tanto rassicurante quanto buona. Uno dei menu meglio costruiti, per alternanze e integrazioni di sapori, consistenze e “importanza” dei piatti che abbia mai trovato. Mi piacerebbe provare Uliassi sguinzagliato su un menu ancora più vasto, oppure al contrario su uno molto più corto, ma tutto di piatti impegnativi in porzioni abbondanti; sono convinto che farebbe faville in entrambi i casi.
LE NOTE DISCORDANTI DELLA CANTINA
Proprio all'opposto dell'esperienza alla Francescana, la cosa più deludente della cena è stata la scelta dei vini al calice di accompagnamento. Quando deleghi la scelta a un sommelier gli lasci mano libera, ma ti aspetti anche che si adoperi per servirti al meglio; nei ristoranti di sushi in Giappone il cliente può dire al sushiman “omakase onegaishimasu”, che significa in pratica “prego scelga lei”: l'etichetta vuole che a questa richiesta corrisponda una selezione di pezzi pregiati, con prevalenza di ciò che quel giorno era più facilmente reperibile sul mercato, a un prezzo più basso di quanto sarebbero costati gli stessi pezzi se fossero stati scelti uno ad uno dal cliente. La selezione di vini al bicchiere dovrebbe rispondere allo stesso criterio, in un gioco in cui tutti sono soddisfatti e tutti ci guadagnano, il ristoratore che può soddisfare più clienti con le stesse bottiglie scegliendo quelle più presenti in cantina e al punto giusto di invecchiamento che magari rischierebbero di rimanere invendute, e il cliente che può bere più vini nel corso di un pasto (e questo rimane sempre garantito) e spendere anche un po' meno di quanto spenderebbe per la stessa quantità di vino presa a bottiglia, e questo nella mia esperienza da Uliassi non è stato. Il costo della degustazione (e non era scritto né mi è stato comunicato, altrove lo scrivono, magari sulla lista delle vivande anziché dei vini) era quello ormai classico di 50 euro; con cento euro in due si possono prendere due bottiglie di alto livello, anche con ricarichi da ristorante, quindi è giusto aspettarsi vini di livello e in grande quantità . Il sommelier biondo con una pettinatura e un aspetto da anni '80, che la mia compagna giudicava molto più timido di quanto non potesse a prima vista sembrare, ha incentrato il percorso rimanendo il più possibile tra i vini locali, il che può essere una scelta lodevole, ma trattandosi delle Marche un po' limitante; l'inizio con uno spumante metodo classico di verdicchio in purezza era anche interessante, come ho già scritto non vado pazzo per le bolle (a parte pochi grandissimi Champagne che mi è capitato di bere, comunque troppo cari) e almeno questo spumante aveva il pregio di essere insolito, è poi arrivato uno chardonnay lombardo, discreto ma che non mi ha lasciato particolari ricordi. I successivi due vini sono gli unici di cui posso dare i riferimenti completi, avendoli ritrovati il giorno dopo in un'enoteca, il primo dei due è stato il miglior vino della serata: Balenciana della azienda Sartarelli, come denominazione un Verdicchio dei castelli di Jesi classico superiore, di fatto un vino a vendemmia tardiva molto aromatico, ad alta gradazione (15,5°), di questo vino però, come di quasi tutti gli altri, ci è stato versato un solo bicchiere, mi sono trovato spesso, durante la serata con il bicchiere vuoto, cosa che non mi era mai capitata in un ristorante di questo livello. Che il servizio sia un po' meno pressante che altrove, e che quindi per esempio non si abbia in continuazione occhi (elettronici o umani) puntati sul livello dei calici e che ci si versi da soli l'acqua, tutto ciò può anche essere gradito da molti, ed è in linea con l'ambiente che non è quello di certe faraonici ristoranti francesi, ma che si rimanga senza vino perché si è finito il solo calice di cui si ha diritto, senza rabboccatura, questo è meno accettabile; a questo proposito qui la colpa non è forse nemmeno più del sommelier, ma una precisa politica della casa, lesinare sul vino al calice… poco elegante, in particolare quando poi si scoprono i prezzi, 25 euro in enoteca per il Balenciana, e appena 9 per quello che è seguito: Cambrugiano 2004, un Verdicchio di Matelica riserva dell'azienda Belisario. Qui il sommelier ha fatto due gaffe: ha cominciato con un excusatio non petita dicendo che ci proponeva ora un vino con meno struttura e alcol del precedente, che però avrebbe dovuto reggere in quanto barricato (a quanto ho scoperto lo è solo per il 25%) ed è arrivato con una bottiglia che però ha fatto solo balenare e poi immediatamente scomparire correggendosi, “non è quella che vi propongo”, ritornando con quella “giusta”, il Cambrugiano appunto. Che mi è anche sembrato un ottimo vino, ma veramente scompariva dopo l'altro, e del quale siamo stati serviti due volte solo perché eravamo arrivati alla pasta, quindi un piatto di cerniera, col bicchiere vuoto: un secondo bicchiere che sembrava più un rabbocco, a quel prezzo (che ancora non conoscevo) veramente una piccineria. Un buon Sagrantino di Montefalco con l'oca (io veramente non vado proprio pazzo per questo vino, trovo che la sua nomea di Brunello dell'Umbria sia un po' esagerata, d'altra parte non faccio le furie nemmeno per il Brunello stesso), e un ottimo vino dolce friulano (che mi dispiace molto non ricordare) coi dessert: la mia compagna non lo ha voluto perché non ama il vino coi dolci, e questo ha portato alla un po' ridicola riduzione da 100 a 98 euro del costo del vino. Abbiamo poi chiesto dei distillati, il sommelier (un altro più anziano in verità ) ha proposto un'interessante grappa di mosto alla mia compagna, solo che avendogliela fatta assaggiare, ed essendole bastato l'assaggio, non ci è stata fatta pagare (almeno questo…), per me invece un whisky Bowmore 1984 selezionato da Samaroli-Coilltean, la cui bottiglia è stata aperta appositamente, molto buono; che costasse 15 euro ci può anche stare, solo che il servizio in bicchiere di tipo “old fashioned” (largo e cilindrico insomma) per quanto tradizionale secondo me non è ideale, io a casa bevo il whisky in un bicchiere apposito, un tulipano svasato senza stelo di piccole dimensioni, ma anche un bicchiere da porto o qualunque tulipano piccolo a mio avviso è più indicato per sentire gli aromi.
Mi accorgo che questa è diventata la sezione più lunga… per forza di cosa si hanno più cose da dire quando ci si lamenta, ma non vorrei che sbilanciasse troppo la recensione, per cui torno a ribadire che complessivamente il pasto è stato ottimo, e decisamente buoni anche i vini, tutto sommato, ma in quantità e qualità un po' carenti per la cifra pagata.
UN LOQUACE CHEF
A un certo punto della serata lo chef Uliassi ha cominciato a fare il giro dei tavoli, da noi è tornato una seconda volta all'ultimo dessert, e ha parlato a lungo, visto che io gli davo spago: ci ha chiesto cosa ci fosse piaciuto di meno, lo chiede a tutti, se ognuno indica una cosa diversa è questione di gusti, se molti puntano il dito sullo stesso piatto vuol dire che c'è qualcosa che non va, ha parlato dei suoi maestri (l'inevitabile Marchesi, del quale abbiamo chiacchierato un po', io non ho mai mangiato da lui ma l'ho conosciuto a dei concerti) ha ascoltato i complimenti e ci ha chiesto di cosa ci occupiamo; la seconda volta tra le altre cose ha raccontato di amare la musica, che se ricominciasse da capo vorrebbe fare il musicista e che guarda con invidia i video dei chitarristi su youtube. La mia compagna insinua che, secondo lei, Uliassi cambia affermazioni a seconda del cliente: se fossimo stati persone diverse, per esempio dei milanesi del tipo manageriale, allora ci avrebbe detto che il suo sogno non realizzato era quello di fare il broker di borsa… anche se fosse così in fondo si tratterebbe di una forma di ospitalità , un modo per mettere a proprio agio i clienti. Forse avremmo dovuto esprimere a lui le nostre lamentele sui vini… ma non sono ancora abbastanza spavaldo (il complesso di chi comunque si trova in un luogo che le proprie entrate in teoria non gli farebbero prendere in considerazione, del povero a palazzo, per dirla in soldoni), e inoltre era più forte l'incanto del cibo che la delusione del vino.
IL CONTO E LA VALUTAZIONE FINALE
Il prezzo del menu è di 110 euro, come ho scritto 98 euro per due degustazioni, 15 euro per il whisky e 6 euro di acqua (due bottiglie), totale 339 euro, spesi a cuor leggero per il cibo e invece un po' meno, come detto, per il vino. Proprio il vino, assieme alla mia prudenza nella valutazione di un ristorante provato una volta sola, fa scendere il giudizio a quattro cappelli, ma la cucina è strepitosa, vale il suo prezzo e considerata a sé stante ne meriterebbe cinque. Andateci, se sopportate una spesa simile per una cena, sono convinto che non rimarrete delusi (specialmente se sceglierete da voi i vini, basta essere in quattro per poter tranquillamente prendere tre bottiglie e quindi sapere prima cosa e quanto si beve e quanto si spende); tutti i treni che vanno verso Ancona (tranne gli Eurostar, ma quelli non fermano neanche a Modena) fermano a Senigallia, ed è anche una bella cittadina da visitare pigramente: su, cosa state aspettando?
Consigliatissimo!!
[mushroom]
30/03/2008
forse nn hai ben chiara la funzione di GustaModena, perchè non è micca possibile che una persona per capire cos'hai mangiato debba leggere tre paragrafi,abbastanza lunghi..uno se vuole sapere qualcosa in più sulla Senigallia fa prima a digitare il nome su google..tu non hai scritto solamente la recensione sul ristorante ma hai descritto tutta la città!!Tutto questo non è possibile per non parlare della lunghezza chilometrica del paragrafo che parla del vino..io ho detto il mio parere il resto ditelo voi