A chiudere gli occhi, potrei credere di trovarmi ad Afragola.
Non è una città nominata a caso.
Conosco la catena Rossopomodoro (si, un'altra catena, non vogliatemi male) da diversi anni ormai: da quando la parola pizza non necessitava di attributi per me, che tuttora fatico ad accettare che possa essere qualcosa di diverso da “tradizionale napoletana”. Ci siamo incontrate in quello che all'epoca fu il primo centro commerciale di Napoli nord, in un locale che ancora mi capita di frequentare con soddisfazione, e l'ho cercata in diverse altre città quando la nostalgia si è fatta troppo forte. Ed in tutta onestà vi devo dire che queste pizzerie sempre uguali e sempre diverse sono state ogni volta un balsamo adeguato: a quanto pare il rigore che sostengono di tenere nell'esportazione della migliore napoletanità produce ottimi frutti.
Questo Rossopomodoro di cui vi sto per parlare si trova a Casalecchio di Reno, all'interno della "piazza" del centro commerciale Meridiana, il che lo rende facile da raggiungere e un eccellente “dopo-cinema”.
Ci presentiamo nel locale, infatti, alla fine del nostro film, alle 22.10: è pienissimo, ci sarebbe posto solo all'esterno, ai tavolini riscaldati con l'ausilio di quelle strane stufe-lampioni tanto di moda. Ma io preferisco aspettare: quegli assurdi cosi mangiagas mi stanno terribilmente antipatici, e comunque i miei polmoni già provati dal freddo faticano a tollerare il fumo di sigaretta di quella che, in effetti, è una zona fumatori.
Lasciamo quindi il nostro nome direttamente al proprietario, e facciamo bene: nemmeno cinque minuti e il nostro tavolo è già pronto.
L'ambiente è caotico, affollato di avventori ed indaffarati camerieri; il rosso acceso ed il legno chiaro di pareti e tavolini rendono la piccola sala piacevole, lasciando amplissimo spazio al bancone dei pizzaioli ed al forno a legna.
Ci sediamo, comprensibilmente affamati, ed ordiniamo le pizze, preparandoci a quella che prevediamo sarà un'interminabile attesa: ma se voi avete tempo, vi consiglio di chiedere come antipasto una Tiella (una sola basta per due persone) di tradizionali fritti napoletani.
In realtà vengo smentita clamorosamente: il nostro cameriere ci porta subito le bibite (due birre, una coca light e una bottiglia d'acqua) e nemmeno cinque minuti dopo arrivano le nostre magnifiche pizze.
Abbiamo: una Pica (ragù napoletano, mozzarella, salsiccia napoletana, ricotta di bufala e basilico), una Pucarella (fantastica! Pomodoro, provola, basilico e melanzane 'ndurate e fritte) ed una Massese (pomodoro, mozzarella, salamino piccante, grana e basilico).
Mi ripeterò: se chiudessi gli occhi (e mi tappassi le orecchie) potrei credere di stare mangiando ad Afragola. L'odore, il sapore, la consistenza: ogni morso è perfetto. Le materie prime non mentono, i pizzaioli sanno il loro mestiere e io mangio una pizza che non abbisogna di attributi. Non c'è discussione sui gusti personali che tenga: questa è LA pasta de LA pizza, e il profumo della farina Caputo lo distinguerei fra mille.
Insomma, non mangiamo: ci arricriamo e quando prendiamo in mano il menù per chiedere il dolce la fortissima tentazione è quella di ignorare lo zucchero e ripartire con un'altra pizza! Ma il senso della decenza ha la meglio (mannaggia!) e ordiniamo due nero magnà .
Il nero magnà (che fa il verso al Leucophagon dei miei lontanissimi progenitori) è l'ormai classico tortino al cioccolato con cuore fondente, servito con gelato di crema, crema inglese e panna montata. Carino a vedersi e soprattutto buono a mangiarsi: almeno lo fanno per bene. Ma se volete un consiglio non fate come quegli sciagurati dei miei commensali e preferite la Caprese (uhm, mi sa che ci sia dentro anche della farina di frumento, ma è un peccato veniale) o il gelato di latte di bufala.
Due caffè napoletani (miscela Kimbo, e ci mancherebbe!) e siamo pronti ad andare. Guardo l'orologio: sono le 23.10, il servizio è stato fulmineo.
I prezzi meritano un paragrafo a parte. Il nostro conto è di 57.33 euro, che a testa fanno 19.11.
E' tanto? E' poco? Dipende “tanto” o “poco” rispetto a che cosa. E' tanto sapendo che io ancora mangio la pizza a portafoglio pagandola 1.50 euro, a Port'Alba. E' tanto, se ancora l'anno scorso piacevolmente seduti in piazza Sannazzaro, per quattro margherite e quattro birre sborsammo 20 euro. E' tanto anche paragonato ai prezzi che la stessa catena pratica nel napoletano-ma vorrei proprio vedere con che coraggio potrebbero mai proporre certi prezzi a Napoli.
E' poco, se penso agli 8 euro che mi è capitato di sborsare a Modena per ciofeche da asporto.
E' giusto considerando il viaggio che si fanno la farina Caputo, i pomodori di Strianese, le mozzarelle di Bellopede e il profumatissimo olio di minucciola sorrentina di Gargiulo. E' ancora più giusto se poi spulciando il menù �che cambia con l'avvicendarsi delle stagioni- si incontrano presidi Slow Food come il pecorino Bagnolese o le olive infornate.
In generale, la pizza è il cibo povero per eccellenza. Farina, acqua, lievito e sale. Basta, finito qua. E dei prezzi delle pizze qui, in zona, ho un bel po' da lamentarmi: ma non è questo il caso di Rossopomodoro, che fa della rigorosa qualità un punto di forza; e la qualità , soprattutto quando è esotica, si paga col sovrapprezzo del trasporto.
Andateci preparati ai 5 euro della Napoli e ai 10 della Vesuvio, oppure non andateci affatto: ma vi perderete il profumo che LA pizza vi lascerà sui polpastrelli per ore ed ore; è questo il profumo di casa mia.
Imperdibile!!!
[evina]
26/01/2009