Dovendo trascorrere alcuni giorni a Firenze per impegni di lavoro, ho pensato di ritemprare lo spirito prefigurando alcune possibili serate gratificanti in qualche rinomato ristorante.
Arrivato nel capoluogo, col passare delle ore il bisogno è diventato ancora più urgente, dal momento che ho fatto davvero fatica a sentirmi in toscana, visto che ai tanti stranieri presenti per turismo si sono aggiunte centinaia di asiatici, con bancarelle e punti vedita volanti a tentare di spersonalizzare una delle città più belle del mondo. E' vero che il dialetto toscano è piuttosto singolare, ma nonostante tutto avvertivo in modo inequivocabile la differenza di pronuncia.
Per fortuna le straordinarie testimonianze del rinascimento continuano a far bella mostra di se, e ho potuto vivere con soddisfazione una bella passeggiata nella piazza del Duomo, finalmente liberata dal traffico cittadino.
Con un gruppo di colleghi, allo scopo di poter carpire un angolo sincero di toscanità gastronomica si decide di prenotare alla fiaschetteria “Il Latini”, dal nome del proprietario. La cosa mi “garba di molto”, come forse direbbe un indigeno, a trovarne uno, naturalmente. Per di più, per un amante della conoscenza come me, unire gastronomia locale e cultura mi è parso un bel modo per arricchire la mia conoscenza dei posti caratteristici di Firenze.
Infatti dal 1982 il fondatore del ristorante, Narciso Latini, ha ideato un premio letterario, assegnatoi ad intellettuali, scrittori e poeti, che si sono distinti per la loro opera letteraria. Fra i premiati grandi personalità : Indro Montanelli, Leonardo Sciascia, Mario Soldati, Carlo Bo e Sergio Romano.
La cosa dunque si fa interessante e ci avviamo nei vicoli della Firenze rinascimentale. Il locale si trova a due passi dall'Arno, in quelle stesse stradine che furono invase dal fango del memorabile e disastroso alluvione del 1966, dal quale non uscirono solo recuperate e restaurate le grandi opere della nostra memoria, ma uscì consapevole di una nuova identità un nuovo soggetto sociale: i giovani, gli stessi che avrebbero informato gli anni a seguire di un nuovo modo di essere.
Si dice che il primo ristorante ad essere liberato dal fango, e a servire dei piatti caldi, fu proprio “Il Latini”. Al nostro arrivo le prime aspettative non vengono deluse. Come avevo avuto modo di leggere nella cronaca locale, prima ancora che dai neon delle insegne, il ristorante viene annunciato da un gran numero di persone che staziona davanti all'entrata.
Per fortuna abbiamo prenotato, e riceviamo l'autorizzazione ad entrare insieme ad una comitiva di statunitensi, che ci guardano e protestano come fossimo degli abusivi. Spiego loro che abbiamo un tavolo riservato, anche se siamo solo italiani, e la polemica si placa…
L'ambiente interno è ricavato in quelle che un tempo erano le stalle di palazzo Rucellai, capolavoro di Leon Battista Alberti. Lunghe tavolate con sedie in legno massiccio ci ricordano la tipica convivialità delle osterie toscane. Non sono previsti tavoli per due, un'eresia parlarne, e magari a chiedere ti danno anche del gabbiano
Siamo in dodici e presto il cameriere viene a prendere le ordinazioni: antipasto misto per partire, composto da ottimo prosciutto, ricottina fresca e crostini con patè di fegato.
Per i primi, in otto ordiniamo pasta fatta in casa, una sorta di quadrotti dentellati, con ragù di cinghiale, per gli altri ribollita e pappa al pomodoro.
Qui iniziano le note dolenti, perché arrivano al tavolo due vassoi di pasta con il ragù di cinghiale, un vassoio di ribollita ed uno di pappa al pomodoro. Inutile far ordinare a persona e poi fare dei forfait… per di più nessuno ha chiesto un bis di primi, tale da "giustificare" le quantità risicate che ne sono scaturite. Devo dire ad onor del vero che il ragù di cinghiale era davvero squisito.
Ricordo che siamo in dodici, e all'atto di ordinare il secondo non tutti aderiscono. Alla fine vengono richieste tre fiorentine, per sei persone che le divideranno a metà , e quattro filetti, con patate al forno e fagiolini al pomodoro come contorno.
Tutto buono, in special modo le patate e la carne, sebbene non indimenticabile, compreso il filetto. Per finire sono stati portati al tavolo cantucci e vin santo per tutti. Non abbiamo ordinato vino con etichetta, avendo consumato un rosso toscano della casa presente in due bottiglioni da 1,5 litri trovati sul tavolo al nostro arrivo.
La serata sembrava comunque essersi risollevata, quando arriva invece il colpo di grazia. Chiamato al tavolo da un cameriere arriva il titolare che fa il conto a mente, unico particolare esplicito 3 KG e 600 di fiorentine: totale complessivo a testa quaranta euro! Un trattamento di tipo forfettario Â? turistico non ce lo aspettavamo da un ristorante che promuove la cucina e i sapori tipici della toscana.
Difficile ricostruire il perché di una tale cifra, visto che di fatto i piatti ordinati non erano rappresentativi di dodici pasti completi e il vino consumato era quello sfuso. Di certo vin santo e dolci finali, seppure portati al tavolo senza ordinazione non sono offerti, ma comunque i conti non tornano, o potrebbero anche tornare se avessimo avuto l'opportunità di vedere una qualche forma di dettaglio di ciò che avevamo consumato.
Aggiungo, con beneficio d'inventario, che alcuni dei colleghi presenti hanno dichiarato un certo scadimento della qualità del cibo, rispetto ad una loro precedente esperienza. A questo punto anche sul premio letterario avrei da ridire
Se è vero che qualcosa in peggio è cambiato dovevamo capirlo anche dal fatto che dopo Giovanni Sartori, eminente politologo di fama internazionale, il premio "Il Latini" ultimamente è stato attribuito a Bruno Vespa...
Buono
[golosona]
15/11/2009