Puntata veloce a Bologna, in questo grigio e piovoso lunedì prefestivo.
Sono con Fede, mamma e il mio fratellino a spasso per Via Indipendenza. Con noi c'è anche Brilla, la nostra cagnolina, che ha gli occhi fuori dalla orbite per il numero di gambe e quadrupedi che è costretta ad evitare: non è proprio abituata al viavai cittadino e prima di rassegnarsi al nostro passo, all'altezza della gastronomia Tamburini (dove tutti ammiriamo in estasi almeno 20kg. di tortellini freschi esposti in vetrina), tira al guinzaglio come un'ossessa.
Il centro è imballato di gente, i lunghi portici sono oltremodo trafficati per il maltempo e i negozi aperti rigurgitano in strada i folli cercatori di regalie natalizie.
Dopo una veloce visita alle Sette Chiese di Piazza Santo Stefano, stranamente deserte, torniamo alla macchina per raggiungere via Musolesi e l'osteria da Vito.
E'un po' che non vengo; in più l'ultima volta che ci siamo fermati io e Fede le lasagne erano un po'secche per le reiterate scaldate e l'attesa lunga e rumorosa, ero uscito un po' scontento.
Ma qui torno sempre molto volentieri; non solo per l'alone mitico che ci circonda il locale, meta storica dell'ambiente musicale bolognese, ma anche e soprattutto per l'atmosfera rilassata e informale, i gestori accoglienti e simpaticamente debosciati e gli arredi scarni e dozzinali ancora fermi allo scudetto del '64, vinto dai rossoblu dopo lo storico spareggio con l'Inter (grazie ancora, ragazzi!)
Il menù è costituito dal solito cartoncino laminato, immutabile e tradizionalissimo: tortellini, passatelli, tagliatelle al ragù o ai piselli, gramigna con la salsiccia, spezzatino, trippa, arrosto di vitello, bistecche alla griglia, peperonata e verdure miste.
Tortellini al burro per Fede e Cice, che chiede porzione doppia (va matto per i tortellini e mangia solo quelli), lasagne per me e la mamma. Cerco il riscatto dall'ultima volta.
Da bere acqua naturale e mezzo litro di Sangiovese sfuso della casa; che come sempre è ottimo, rotondo e di beva facilissima: mi trattengo in vista del ritorno ma avrei potuto berne un paio di autocisterne. Come da lunga tradizione, il vino viene prelevato con bottiglioni da 2 litri direttamente dalle damigiane in cantina e servito nei classici quarti e mezze da osteria, quelle con l'imboccatura aperta verso l'esterno. Solo il vino, a mio parere, meriterebbe il viaggio.
Siamo serviti subito e bene, i tortellini sono un lungo vassoio stracolmo, almeno 4 porzioni (provate a indovinare chi ha mangiato il surplus….) e le lasagne hanno almeno 20 strati e un ottimo aspetto, anche se la dose non è altrettanto generosa. Buoni entrambi, anche se per i miei gusti i tortellini sono leggermente grossi e un po' troppo cotti e le lasagne avrebbero meritato maggiore farcitura. Ma nei piatti non resterà niente….
Alla cameriera bionda e appariscente che ci ha seguiti fin dall'ingresso chiediamo di proseguire con 3 fagiolini aglio, olio e peperoncino (il massimo della vita) e una porzione di patate arrosto.
In cambio, la simpatica biondona di origine est-europea ci chiede lumi sulla corretta scrittura italiana di “carote”; credo tema gli sfottò della cucina…
Se escludo il fatto che mia madre rischia un broncospasmo per l'incidentale inalazione del peperoncino nella trachea, direi che anche il contorno va via senza problemi.
Niente dolci, solo due caffè e il conto, onestissimo, di € 60 totali. Che avrei pagato volentieri, se non avessi dimenticato come ogni maledetta volta che da Vito non c'è bancomat o carta; oggi ha pagato la mia mamma, ma voi sappiatevi regolare.
Usciamo sul marciapiede e camminiamo pochi passi fino all'angolo del viale, dove ci salutiamo per recuperare le auto parcheggiate e tornare ai rispettivi domicili; noi a Mantova, mamma e Cice a Faenza.
Parlando di domicili, ci accorgiamo all'ultimo di esserci fermati esattamente davanti a quello della casa bolognese di Francesco Guccini, che ispirò il titolo del mitico album del 1976 “Via Paolo Fabbri, 43”, distante da Vito appena trenta metri.
Gli scuri sono chiusi e la cassetta delle lettere dell'ultimo grande cantautore emiliano è ingombra di volantini. Sarà su a Pàvana, con gli amici di sempre a giocare a Tarocchino, vuotare quinti di lambrusco e lamentarsi della pioggia.
Dilungandomi alla maniera del vecchio Grog, vi lascio con il testo della canzone sperando possa ispirarvi una visita.
A presto.
VIA PAOLO FABBRI, 43
Fra "krapfen" e "boiate" le ore strane son volate,
grasso l' autobus m' insegue lungo il viale
e l' alba è un pugno in faccia verso cui tendo le braccia,
scoppia il mondo fuori porta San Vitale
e in via Petroni si svegliano,
preparano libri e caffè
e io danzo con Snoopy e con Linus
un tango argentino col caschè!
Se fossi più gatto, se fossi un po' più vagabondo,
vedrei in questo sole, vedrei dentro l' alba e nel mondo,
ma c'è da sporcarsi il vestito e c'è da sgualcire il gilet:
che mamma mi trovi pulito qui all' alba in via Fabbri 43!
I geni musicali preannunciati dai giornali
hanno officiato e i sacri versi hanno cantati,
le elettriche impazziscono, sogni e malattie guariscono,
son poeti, santi, taumaturghi e vati:
con gioia e tremore li seguo
dal fondo della mia città,
poi chiusa la soglia do sfogo
alla mia turpe voglia.... ascolto Bach!
Se solo affrontassi la mia vita come la morte,
avrei clown, giannizzeri, nani a stupir la tua corte,
ma voci imperiose mi chiamano e devo tornare perchè
ho un posto da vecchio giullare qui in via Paolo Fabbri 43!
Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali,
poi stremati fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi
solo se si parla di strutturalismo.
In fondo mi sono simpatici
da quando ho incontrato Descartes:
ma pensa se le canzonette
me le recensisse Roland Barthes!
Se fossi accademico, fossi maestro o dottore,
ti insignirei in toga di quindici lauree ad honorem,
ma a scuola ero scarso in latino e il "pop" non è fatto per me:
ti diplomerò in canti e in vino qui in via Paolo Fabbri 43!
Jorge Luis Borges mi ha promesso l' altra notte
di parlar personalmente col "persiano",
ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi,
forse avrò un posto da usciere o da scrivano:
dovrò lucidare i suoi specchi,
trascriver quartine a Kayyam,
ma un lauro da genio minore
per me, sul suo onore, non mancherà...
Se avessi coraggio, se aprissi del tutto le porte,
farei fuochi greci e girandole per la tua fronte,
ma sai cosa io pensi del tempo e lui cosa pensa di me:
sii saggia com' io son contento qui in via Paolo Fabbri 43!
La piccola infelice si è incontrata con Alice
ad un summit per il canto popolare,
Marinella non c' era, fa la vita in balera
ed ha altro per la testa a cui pensare:
ma i miei ubriachi non cambiano,
soltanto ora bevon di più
e "il frate" non certo la smette
per fare lo speaker in TV.
Se fossi poeta, se fossi più bravo e più bello,
avrei nastri e gale francesi per il tuo cappello,
ma anche i miei eroi sono poveri, si chiedono troppi perchè:
già sbronzi al mattino mi svegliano urlando in via Fabbri 43!
Gli eroi su Kawasaki coi maglioni colorati
van scialando sulle strade bionde e fretta,
personalmente austero vesto in blu perchè odio il nero
e ho paura anche d' andare in bicicletta:
scartato alla leva del jet-set,
non piango, ma compro le Clark,
se devo emigrare in America,
come mio nonno, prendo il tram!
Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli,
farei con parole ghirlande da ornarti i capelli,
ma madri e morali mi chiudono,
ritorno a giocare da me:
do un party, con gatti e poeti,
qui all' alba in via Fabbri 43!
Francesco Guccini
Consigliato!
[candy]
07/12/2009
Grande abbinamento , cibo e musica