Mi hanno assillato per anni con questa trattoria.
Si raccontava di cene leggendarie, vini eccelsi, tartufo d'Alba, formaggi pregiati, grande attenzione ai particolari, un oste attento ed appassionato e un conto finale adeguato al trattamento.
Alla fine mi sono deciso, ho preso armi e bagagli e mi sono fermato a pranzo un martedì grigio e nevoso, con la mia dolce metà , per chiudere in bellezza la serie di bagordi natalizi.
Il locale si trova ai piedi della sopraelevata di Piadena, in frazione Vho, poche case allineate, un sali e tabacchi e l'immancabile chiesetta con campanile.
La posizione geografica è molto strategica, addirittura fondamentale per inquadrare l'offerta dell'Alba: ai confini con la provincia di Mantova e a pochi chilometri dalla bassa parmense e piacentina, è chiusa tra Po ed Oglio e dista non più di un'ora d'auto dal Piemonte.
La giornata è davvero freddissima, minaccia neve; è quindi di grande sollievo entrare in una sala calda e già abbastanza frequentata, densa di vapori di cucina e all'ora perfetta per sedersi a tavola.
Il locale è costituito da due sale rettangolari, pressoché identiche: la prima include il bancone, alcuni tavoli e l'accesso alla cucina; la seconda è arredata con grande garbo ed equilibrio, mobilio e tovaglie hanno il sapore dell'antica ospitalità contadina senza risultare ruffiani.
Federica ed io, appassionati di anticaglie, ammiriamo estasiati i due vecchi serramenti a tre ante posti sui lati corti della sala, praticamente intatti, oltre alle stupende credenze restaurate.
Seduti nell'angolo opposto all'ingresso, abbiamo modo di osservare una sala da osteria praticamente perfetta: calda, accogliente, non troppo grande ma abbastanza ariosa; alle pareti ocra sono appesi i numerosi attestati ricevuti dall'Alba oltre a delle belle stampe a carattere gastronomico.
Ecco l'oste Omar, veramente affabile ed appassionato, all'altezza della sua fama. Si può dire che siamo diventati amici in meno di trenta secondi.
Contrariamente a quanto avviene la sera, ci espone il menù a voce, con calma, raccontandoci la provenienza degli ingredienti, la preparazione, le tecniche di cotture e il miglior vino in abbinamento.
Ci lasciamo subito convincere dall'antipasto, una selezione di salumi con polenta e sott'oli.
Tra i primi del giorno ci sono bigoli con pomodoro e Bagoss o con sugo di zucca, culatello e pomodoro, tortelli con ripieno di patate e culatello, somarina o luccio e gli immancabili marubini in brodo. Fede, cha ha voglia di pasta fin dal risveglio, opta per il ripieno di somarina che finiremo col dividere in due.
Per secondo ordiniamo invece oca in terragna con mostarda di Cremona e guanciale di vitello sgrassato con funghi porcini, il tutto accompagnato da patate al forno.
Come al mio solito, ho clamorosamente dimenticato tutti gli altri secondi disponibili quel giorno, ad eccezione del classico bollito misto.
Da bere acqua naturale e una bottiglia dell'eccelso “Il mio lambrusco” di Camillo Donati, fermentato in bottiglia e prodotto ad Arola di Langhirano con uvaggi tipici del mantovano.
Riesco a scorgere Omar mentre preleva la bottiglia da una nicchia sul muro, chiusa a mo'di armadio, che consente a questo spettacolare lambrusco di arrivare in tavola a una perfetta temperatura di cantina.
Arriva l'antipasto, composto dai salumi classici della bassa: salame, coppa, prosciutto crudo, spalla cruda fatta in casa e due fette di morbido culatello curato dall'oste con particolare dovizia, il tutto accompagnato da pane a pasta dura e due fette di polenta al forno.
A fare da spalla, cipolline in agrodolce davvero notevoli, una curiosa insalata di sedano rapa, dei meravigliosi carciofini arrostiti e messi sott'olio e due piccoli caprini freschi con olio aromatico alle erbe da perdere la testa.
I tortelloni sono otto rombi molto grandi, velati di parmigiano e già intelligentemente divisi in due piatti. Sono fatti con grande cura, il ripieno ricorda uno stracotto leggero e saporito, ci piacciono molto. Un piccolo assaggio di pasta fresca della casa.
Ma è il secondo che aspetto con trepidazione: l'oca in terragna è una porzione abbondante, servita con il fondo di cottura e una mostarda cremonese di mele (purtroppo non piccante, a differenza dell' amatissima versione mantovana). Il connubio è spettacolare; la carne è succulente e saporita, la mostarda dolce e di consistenza accattivante; un rincorrersi continuo di sapori forti e in netto contrasto, davvero sontuoso.
E' talmente buona da oscurare completamente il ricordo del guanciale, che pure Fede spolvera con gran gusto insieme a delle patate al forno chiaramente caserecce. Un vuoto della memoria forse giustificabile con la seconda bottiglia di lambrusco ordinata e velocemente ridotta della metà .
Fuori nevica furiosamente, sono un po' preoccupato per il tasso alcolico raggiunto.
Però al momento ce ne stiamo beatamente al caldo, con la pancia piena di ottimi intrugli.
Essendoci risparmiati sui primi e intenzionati a chiudere le ostilità in bellezza, ci concediamo il dolce. Salame dolce per Fede, gelato alla crema fatto in casa per me.
Avendo adocchiato nelle credenze alcune ampolle dall'aspetto familiare, chiedo se è possibile variegare il gelato con un buon aceto balsamico. E Omar mi lascia al tavolo una piccola bottiglietta di sua produzione; mi spiega (devo riconoscerlo, con grande umiltà ) che da alcuni anni lui e un amico seguono con devozione paterna alcune batterie avviate quasi per gioco e in grado di fornire un pregevolissimo aceto “fuori zona”. Ha un gusto abbastanza squillante e ben pronunciato, ma di grande equilibrio. Manco a dirlo, col mio gelato ci va a nozze e io non lesino.
Siamo ormai al collasso e inequivocabilmente sbronzi, ci vuole un caffè.
Con lo stesso agio concesso per l'uso dell'aceto, ci viene indicato lo scaffale delle grappe, che sono tante, alcune davvero pregiate. Ricordo vagamente di averne afferrata una particolarmente buona di moscato, distillata alla Morra o lì vicino e di averci sciacquato la tazzina del caffè con grandissimo gaudio.
Al bancone paghiamo un conto di € 90 in due, meritati e sacrosanti.
Saluto e ringrazio, certi di rivederci molto presto, e mi avvio per un ritorno allucinante, segnato da una nevicata degna del Quebec e un assetto di guida detta “dell'Orbo Veggente”, non certo in omaggio al D'Annunzio ma perché intrapresa con un occhio chiuso. Il tasso alcolico è da arresto…
Non so dire perché abbia aspettato più di dieci anni a visitare la Trattoria dell'Alba, ma posso assicurare che tutte le segnalazioni estasiate che mi hanno rivolto nel corso degli anni sono assolutamente vere e meritate.
Cinque cappelli e abbraccio accademico.
A presto
Imperdibile!!!
[evina]
15/01/2010