Questa volta il mio ritardo è abissale.
Per quanto mi fossi preoccupato di avvisare prima (perché non mi piace arrivare tardi, ma ci casco spesso), far aspettare tanto venti ragazze non mi ha messo in una situazione di agio. E rifiutare l'invito non volevo, perché le ragazze sono le colleghe con cui tutti i giorni insegno, fianco a fianco.
Ci mancavano anche gli imprevisti, che arrivano sempre quando non si vuole, e così, un'ora e un quarto dopo l'inizio della loro cena (ehm…), finito di arbitrare la mia partita, che nemmeno potevo disdire, entro nel locale accolto da un “òòòòhh…!!!”.
L'Osteria del Vino Tondo si chiama così, ma è più che altro una trattoria, in una vecchia casetta ristrutturata sulla strada che in Valpolicella va verso Negrar, con alcune belle insegne antichizzate fuori. Le ragazze non sono in vestito da sera, direi normali, ma io sono in tuta e scarpe da ginnastica. Perché non ci ho pensato? Perché?
L'edificio risale al 1600 ed è il più antico cambio di posta per carrozze della Valpolicella. La casetta, sul bordo del progno di San Vito, è poco lontano dal bel campanile romanico della piccola contrada. L'ambiente interno ha sapori antichi e familiari, dice la didascalia sul depliant. E' vero.
Mi ritrovo un po' in affanno per guardarlo, perché per arrivare prima ho corso come un pazzo in macchina e poi finisce che si corre anche camminando, così, con la fretta, non si osserva bene.
All'ingresso la sala con il bancone, soffitto con vecchie travi di legno, qualche pezzo di parete di sasso, i tavoli rustici... Servizi belli puliti e quasi nuovi.
Una lavagnetta annuncia un caffè tipico di Fano, la Moretta, e ricorda le origini marchigiane del proprietario. Guardando un quadretto appeso e lo stesso proprietario, ci si rende conto che il “tondo” è lui e non il vino.
Non mi viene data possibilità di sceglierlo, sto vino, d'altronde bèn mi stà . In una partita a 11 sbatto giù circa un chilo e mezzo, quindi sento il bisogno di rifarmi e subito. Sul tavolo il cameriere mi indica una caraffa di Valpolicella Classico sfuso (da 12,5° stimo io, ma non credo di sbagliare). Ha un bel colore. E' profumato. Lascia un buon gusto aromatico. Mi faccio portare anche una bottiglia di minerale da litro, gasata, che poi mescolerò ignobilmente col vino, aumentando il mio generale senso di colpa. Ma ho parecchia sete.
Il menu è già concordato e consiste in un paio di piadinone con un bell'assortimento di salumi. Ottimo il prosciutto cotto alla griglia, meno la salsiccia (chiaramente cotta un'ora prima, ma lo sapevano che arrivavo più tardi...). Buono il crudo, così pure la coppa e la pancetta coppata tirata. Assieme, in un micro vasettino di ceramica bianca, mi viene servito uno squacquerone, ottimo da stendere sulla piadina, e due spicchi di un altro formaggio anonimo e insipido (boh?...). Le piadine sono fatte bene, croccanti fuori e tenere dentro, non bruciate, servite in un cesto di paglia ed avvolte in una tovaglietta per mantenere il calore.
Le verdure invece mi hanno lasciato proprio abbattuto. Un pomodoro ripieno discreto, due zucchini piccolini pure ripieni, passabili: tutto però tiepido. In un ovale arrivano “tegoline” (fagiolini) cotte in tegame in modo poco felice, assieme a degli spinaci (secchi in superficie... da forno) che neanche tocco, perché sono a contatto con i funghi...
Va bene il menu concordato, e io ammetto tutte le mie colpe, ma castigarmi con i funghi senza neanche chiedermi che verdure gradivo o non gradivo, mi è sembrato poco... sportivo. Mi vedo costretto ad estrarre il giallo.
Qualcuno di voi ha mai provato a mangiare osservato e scrutato da venti femmine adulte “insegnanti”? A dir il vero dall'altra parte della tavolata c'è anche un unico mio collega maschio, che assiste attonito, cercando, quasi inutilmente, di intervenire. Gli ho buttato lì un: “Dieci ciascuno, stasera, eh…?!”, ma sono stato sommerso da occhiatacce.
Cerco di darmi un contegno. Mi vengono in mente i frequenti suggerimenti galateistici di mia moglie (no gomiti sul tavolo, tovagliolo sulle ginocchia e non al collo come Billy The Kid, guai aspirare liquidi facendo rumore, altri in ordine sparso). Con Homer Simpson siamo un'anima sola.
Poco dopo interviene il “tondo” proprietario a redarguirmi simpaticamente, con finto fare saccente, perché mangio la piadina e salumi... con coltello e forchetta: “Con le mani si mangia...”
Porca trota. Neanche questa.
Le questioni dibattute, ed a lungo approfondite dalle ragazze della mia parte di tavolo, sono essenzialmente tre:
1. Con i bambini piccoli è più pesante andare al mare o in montagna?
2. Gambe storte, gambe secche, gambe ciccie, un vestito adatto, scelto con cura e personalizzato, con dei collants originali, rende tutto piacevole?
3. La caduta dei dentini da latte, a quale età comincia e a quale età può considerarsi conclusa?
Però è un piacere ascoltà r le done che cià cola, veramente, lo dico senza ironia.
Arriva il momento del dessert. Scelgo un semifreddo con pezzetti di cioccolato fondente dentro e pennellate di cioccolato fuso fuori e sul piatto. Sopra ha un piccolo amaretto. Molto buono.
“Io il calcio lo odio… Â? mi dice in camera caritatis una delle mie ragazze, con una vocina molto simile a quella dei Pitura Freska nei Pin Floi, quando parla di Venèssia - ... sono solo capaci di sputare e di sistemarsi con le mani il coso, lì...”
Potrei, io, mai, obiettare, anche, solo, qualcosa?
Quasi tutti (me escluso) prendono il caffè della Moretta. Il conto è di 23 euro a testa. Abbastanza giusto. Il giudizio cappellistico finale (leggerissimamente generoso, ma arrotondare un 2 e 3/4 è doveroso) risente forse della mia coscienza sporca, ma se uno in Valpolicella ha voglia di piadina, viene qui e non la mangia male. Direi, con un'attenzione alle verdure e puntuale.
Dieci ragazze per me, posson bastare...
Consigliato!
[Lucy...ah]
20/03/2010