EXPENSIS COMUNIBUS NOBILIUM SANCTAE SOPHIAE ET SEMONTIS A.D. MDLV
(“A spese comuni dei nobili di Santa Sofia e di Semonte Anno del Signore 1555”)
La scritta è scolpita sulla lapide di pietra bianca, incastonata sopra l'ingresso della cisterna dove sta la sorgente della fontana di Pedemonte. Il periodo è lo stesso in cui il Palladio ha realizzato il progetto di Villa S.Sofia, a circa mezzo Km. in linea d'aria dalla fontana, su commissione del nobile Marcantonio Serego.
La fontana dava da bere, con atto notarile ancora in essere, alla Villa S.Sofia attraverso una tubazione sotterranea, con precedenza rispetto a tutti, perché la sorgente nasce dal fondo di una vasca di tufo e il tubo prende acqua poco sopra il fondo vasca. Il popolino invece prendeva (e prende) l'acqua dal troppo pieno della vasca che finisce nei lavatoi, tanto che negli anni scorsi di siccità (2003 e 2004) la fontana era secca, ma l'acqua alla Villa arrivava sempre e rimpolpava il laghetto del giardino. Nobili illuminati, ma... fortunati loro che avevano la pecunia.
Un architettucolo di zona ha provveduto, qualche anno fa, a far ristrutturare la fontana pubblica, ripulendola, dopo secoli di abbandono (l'ultimo restauro era datato 1866), sabbiando le pietre, ricostruendo il pavimento in ciotoli e la copertura in capriate di legno, con i coppi sopra l'assito, sostenuta da quattro pilastri in tufo e mattoni alternati.
Adiacente alla fontana c'è la cantina Speri. Gli Speri sono anche i depositari delle chiavi della cisterna della fontana. Durante i lavori, ho avuto quindi modo di conoscerli un po' meglio.
Esteticamente l'accostamento con la fontana non è dei migliori. Casa e cantina-capannone, fatte circa 40-50 anni fa, necessitano, secondo me, di qualche intervento di abbellimento. Dalla parte opposta però c'è, nella vecchia contrada, la pittoresca corte storica, setto-ottocentesca, con una barchessa ottimamente ristrutturata a sala conferenze e assaggi, molto molto bella.
Alla Cantina Speri non si paga la degustazione.
Anche questa è una scelta e la scelta è motivata dal fatto che, 99 su 100, chi assaggia, poi è costretto, dalla bontà del vino, a comperare qualcosa. In ogni caso, non succede nulla se qualcuno assaggia e poi non compera.
Il boss della cantina (a gestione familiare), chiacchierando, ci tiene a precisare che i vini sono realizzati solo da uve provenienti dai propri vigneti, che sono tutti in Valpolicella, a Pedemonte, a Sausto, a S.Pietro e a Fumane. La precisazione mi fa pensare all'eventualità che per altre cantine non sia sempre così. Ma non approfondisco, credo che per le cantine grosse ci sia questa possibilità .
Assaggio il Sant'Urbano. Proviene da un unico vigneto cresciuto nella località con questo nome, la cima della collina che separa, in mezzo ad un meraviglioso panorama, la valle di Fumane da quella di Marano. Guarda un po', è la stessa collina che ho percorso, tra le vigne, con i miei studenti mangiando il gelatone di fine anno scolastico.
Il vino è ottimo ed ha un profumo intenso. E' ricavato da Corvina, Rondinella e Molinara, ma non è una novità , perché qui i vitigni sono quasi sempre questi. Il terreno, mi vien detto, è di origine vulcanica, trattiene l'umidità , non è sassoso e argilloso come la quasi totalità dei terreni della zona.
La caratteristica di questo vino, oltrechè per la composizione del terreno (particolare), è che l'uva, selezionata (per capirci: nel Valpolicella Classico l'uva non è selezionata), subisce un appassimento come con l'Amarone, ma il deposito in fruttaio viene interrotto dopo sole tre settimane e quindi a fine ottobre l'uva viene mostata. Il vino viene poi affinato per un anno e mezzo in tonneaux da 500 lt. di rovere francese. Adesso stiamo bevendo la vendemmia 2007. Fa 13,5°.
Si accompagnerebbe bene con la carne rossa e magari anche con formaggi stagionati, ma il boss, mio omonimo, offre solo grissini. Va benissimo lo stesso, visto che li offre.
Stavolta c'è Afin, quattro figli, che deve tornare in Ghana in una coltivazione di ananas, perché in dicembre qui è stato licenziato, non può restare in Italia e non ha i soldi per comperarsi il biglietto aereo. Poi c'è Dejan, scappato dal Kosovo (dove, dicono, la guerra sarebbe finita nel 1999, dicono...), che deve andare a Trieste a prendere il nuovo passaporto serbo, senza più la dicitura “Montenegro”, ma non ha i soldi neanche per mangiare, figuriamoci per il treno o per la marca da bollo. E' stato licenziato a febbraio. Ho verificato, perché non mi va di essere preso per i fondelli, e qualche volta qualcuno cerca di approfittarne. Ma un aiuto concreto, a queste persone, va dato, anche se le povertà , di solito, sono povertà di testa, prima ancora che economiche. E poi, un po' bisogna provare a fidarsi, anche di chi non si conosce, altrimenti, come si farà a migliorarlo questo mondo?
Per concludere in dolcezza, un goccetto di Recioto. Il Recioto Speri è fatto con uve che provengono dalla collina di Sausto, dove abito io. Lo bevo quindi ancora più volentieri. Il sistema di impianto delle vigne determina una produzione molto bassa per ettaro, dunque le sostanze “succhiate” sono maggiori. L'uva viene lasciata appassire per quattro mesi in cassette nel fruttaio. Viene mostata in gennaio e separata dalle bucce circa un mese dopo, quando il vino viene messo in tonneaux da 500 lt. La tecnica per fare il Recioto è sempre la stessa: ad un certo punto, quando arriva a 13,5° la fermentazione viene interrotta dal travaso e col freddo. Il vino rimane dolce e con “poco” grado, poco si fa per dire. Buonissimo. Sapere queste cose mi aiuta a gustarlo meglio, con più soddisfazione. E se il vino poi va anche a buon fine - non è retorica - mi va giù ancora meglio.
Il Classico, in cantina, Speri lo vende a 4,50 la bottiglia, un buon prezzo se confrontato con altri. Una bottiglia la prendo per me. Un cartone me lo regala lui, come ha già fatto qualche volta in passato, e io poi vado a venderlo all'uscita delle Messe davanti alla chiesa, assieme alle torte delle mie “pie donne”, un po' destinazione Ghana, un po' destinazione Kosovo.
La cantina ha anche un bel ripassato, ha ovviamente l'Amarone (pure questo proveniente esclusivamente da Sant'Urbano) e la grappa di Amarone, che un'altra volta proverò (magari andandoci dopo cena, altrimenti... adìo...), perché devo riprendere la discussione, avviata con Carlo tempo fa, su un uso adeguato di anti parassitari o quantomeno su un uso più controllato, attraverso un ente comunitario o consortile, come avviene nel Trentino. Il mio omonimo concorda, ma senza prodotti chimici non rischia più nessuno o quasi. A volte si passa dai campi e bisogna scappare, letteralmente, per non essere avvolti dalla nuvole di veleno buttate fuori dalle cisterne dei trattori. Mi è stato più volte assicurato che non restano residui di sostanze tossiche nel vino, ma altri miei amici hanno sperimentato, tra Lazise e Bardolino, che il costo dei veleni contro la tignola, ad esempio, in una produzione annuale, è maggiore della perdita di uva conseguente al non uso di pesticidi.
Terreno tutto da esplorare. L'ho già fatto per me, lo farò anche per GM quando avrò occasione di rivisitare qualche cantina di questo tipo.
Imperdibile!!!
[Lucy...ah]
02/07/2010
e complimenti per il volontariato. Una volta anch'io mi sono messa davanti alla scuola, non alla chiesa, per vendere dei libri con le poesie scritte dai bambini delle elementari. Ho fatto su 800.000 lire che erano destinate ad opere di beneficienza..... che gran soddisfazione!!!!